L’Aquila, 6 aprile 2009, ore 3.32

15 anni sono passati da quando il capoluogo e molti altri piccoli paesi abruzzesi alle 3,32 della notte tra il 5 e il 6 april furono colpiti da un sisma di 6,2 gradi di magnitudo (Mw). E le ferite causate dalla catastrofe bruciano ancora, mentre la ricostruzione prosegue a rilento...

Per parecchie notti, ogni notte, ti sei svegliato a quell’ora, groppo in gola e mani sudate. 3.32, ribatte l’orologio e tu sobbalzi. Ogni notte. Perché un terremoto ti scuote nel petto e ti inorridisce gli occhi, ché un sonno sereno non l’hanno mai più ripreso. Anche quando è finito, anche quando è tutto passato. Perché, in fondo, non è mai passato veramente.

Gli aquilani quel terremoto del 2009 ce l’hanno ormai dentro. L’infinita nube di fumo, l’odore acre della polvere, il buio e la luna. Ce l’hanno dentro, esattamente come i ricordi, cartolina di una città che non c’è più, dove al posto del campetto ci sono i container e fili e cantieri e transenne a delimitare lavori interminabili.

Gli aquilani quel terremoto del 2009, ore 3.32, ce l’hanno ormai dentro. Anche chi ancora doveva nascere, anche chi ha ricominciato a vivere in un’altra città, anche chi ha chiuso i ponti con una memoria indecentemente dolorosa.

Gli aquiliani quel terremoto del 2009, 6 aprile ore 3.32, ce l’hanno ormai dentro. Quella furia che ha tirato giù tutto, quei 6 mesi di scosse di bassa intensità mai veramente letti come campanelli d’allarme. E quella “botta forte”, come poi la chiameranno, arrivata in piena notte, come il più subdolo dei ladri, a spogliarli di tutto, persino della vita.

Gli aquiliani, e gli italiani, quel terremoto ce l’hanno dentro. Involontari attori di una scena che pare ripetersi all’infinito. Solo nel ‘900, il terremoto di Messina-Reggio Calabria del 1908 causò 95mila morti e divenne la più grave catastrofe naturale in Europa a memoria d’uomo. Poi Avezzano, il Belice e il Friuli, l’Irpinia del 1980 e infine il Centro Italia del 2016.

Una sfilza di perché e per come, come è potuto succedere, com’è possibile tutto ciò, quando impareremo mai, quando si porrà fine a queste stragi annunciate?

Noi le risposte non le abbiamo. Ma noi, le risposte, le pretendiamo.

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