Antibiotici rilasciati nell'ambiente. Neanche le case farmaceutiche ne conoscono le quantità. A rivelarlo è un nuovo inquietante studio reso noto ieri in occasione della conferenza del World Economic Forum di Davos, in Svizzera
Antibiotici rilasciati nell’ambiente. Neanche le case farmaceutiche ne conoscono le quantità. A rivelarlo è un nuovo inquietante studio reso noto ieri in occasione della conferenza del World Economic Forum di Davos, in Svizzera.
Molti dei maggiori produttori di farmaci al mondo potrebbero rilasciare antibiotici dalle loro fabbriche nell’ambiente. Di fatto, Big Pharma non è in grado di rivelare (o forse non vuole) la quantità di rifiuti contenenti antibiotici che finiscono nell’ambiente. Ciò rischia di creare sempre più superbatteri resistenti.
Le case farmaceutiche intervistate in occasione dello studio sono: GSK, Johnson e Johnson, Merck & Co, Novartis, Pfizer, Roche, Sanofi e Shinogi mentre le aziende sono Aspen, Aurobindo, Cipla, Dr Reddy’s, Fresenius Kabi, Lupin, Macleods, Mylan, Sun Pharma e Teva.
Nessuna delle 18 società intervistate ha rivelato la quantità di antibiotici rilasciate nell’ambiente, secondo il rapporto indipendente condotto dall’Access to Medicine Foundation. Solo 8 hanno detto di avere stabilito dei limiti per ciò che può essere rilasciato nelle acque reflue mentre una sola azienda ha rivelato il nome dei propri fornitori, mossa importante poiché renderebbe le aziende responsabili delle loro pratiche ambientali.
Inoltre, secondo l’Antimicrobial Resistant Benchmark 2018 report, tra le aziende farmaceutiche, Cipla, Lupin e Sun Pharma non hanno mostrato alcuna prova relativa a una strategia per minimizzare l’impatto della loro produzione di antibiotici sull’ambiente, anche se Cipla ga promesso di svilupparne una quest’anno.
Di particolare interesse sono anche le società esterne che lavorano per le principali compagnie farmaceutiche. Le aziende terze producono e riforniscono la maggior parte delle ditte farmaceutiche con i componenti chiave degli antibiotici, noti come ingredienti farmaceutici attivi (API).
Tuttavia, solo otto aziende stabiliscono limiti di scarico per i rifiuti di antibiotici e per metà delle aziende questi limiti si applicano solo ai loro siti, piuttosto che ai loro fornitori. Solo due aziende – GSK e Novartis – richiedono che i loro impianti di trattamento dei rifiuti esterni seguano i loro limiti. Sanofi e Roche, ad esempio, non controllano lo scarico effettuato dai loro impianti di trattamento dei rifiuti esterni.
Il rapporto ha rilevato che le case farmaceutiche che vendono antibiotici “potrebbero essere in grado di esercitare una notevole influenza sulla gestione del rischio ambientale dei loro fornitori”.
“Se non usiamo antibiotici nelle dosi giuste, rischiamo di dare ai batteri la possibilità di adattarsi e di rafforzare le loro difese, il che renderà più difficile ucciderli la prossima volta. La minaccia che le infezioni una volta mortali potrebbero diventare nuovamente pericolose per la vita si sta intensificando”, ha affermato Jayasree K. Iyer, direttore esecutivo della Access to Medicine Foundation, che ha pubblicato il Benchmark. “Le aziende farmaceutiche devono dare un contributo fondamentale nello sforzo di affrontare i superbatteri”.
Gli antibiotici stanno perdendo la loro efficacia a un ritmo crescente, accelerato soprattutto dal loro abuso nell’uomo, negli animali e nelle colture. I farmaci devono essere usati con parsimonia, al fine di ridurre al minimo le probabilità che i batteri li superino.
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Per tenere sotto controllo la resistenza ai farmaci occorre dunque un’azione coordinata da parte di governi, responsabili delle politiche e autorità sanitarie pubbliche.