Secondo la National Oceanic and Atmospher Administration, il 2020 sarà l'anno più caldo di sempre nonostante non sia neppure presente un forte El Niño
Il 2020 ha quasi il 75% di probabilità di essere l’anno più caldo mai registrato sul pianeta Terra. A dirlo sono gli scienziati del National Oceanic and Atmospher Administration (NOAA), agenzia federale statunitense che si occupa di oceanografia, meteorologia e climatologia.
Gli esperti americani hanno annunciato ieri i principali risultati delle analisi climatiche globali e statunitensi del NOAA, relative al mese di marzo, nonché le ultime previsioni stagionali su temperatura, precipitazioni e siccità fino a luglio.
Il dato più importante emerso dall’incontro virtuale, una teleconferenza a cui hanno partecipato esperti e giornalisti, è che il 2020 ha quasi il 75% di probabilità di essere l’anno più caldo mai registrato sul pianeta Terra.
Già, nei primi tre mesi dell’anno, è risultato essere il secondo più caldo, superato solo dal 2016 a causa del forte El Niño, fenomeno climatico periodico che provoca un riscaldamento naturale dell’acqua tropicale dell’Oceano Pacifico influenzando le temperature in tutto il mondo.
Il calore di quest’anno è “insolito”, data la mancanza di un forte El Niño. Anche in sua assenza, infatti, febbraio e marzo sono stati i mesi più caldi di sempre. La tendenza a lungo termine di questo aumento di calore che si registra sul pianeta è dovuta alle emissioni di gas serra, causate dall’utilizzo di combustibili fossili.
Anche se il 2020, alla fine, non si rivelasse l’anno più caldo di sempre, gli scienziati NOAA affermano che vi sono il 99,9% di possibilità che il 2020 finisca tra i 5 anni più caldi mai registrati.
“Le temperature da gennaio a marzo sono state record per tutta Europa, Asia, America centrale e meridionale, nonché per gli oceani Atlantico, Indiano e del Pacifico occidentale” hanno dichiarato gli esperti.
Guardando al futuro, gli scienziati del NOAA hanno affermato che fino alla fine dell’estate, non dovrebbe formarsi né un El Niño né la sua controparte La Niña (questa corrisponde alla situazione opposta del Niño, cioè si accentuano e si amplificano le condizioni di circolazione oceanica e atmosferica normali). Le probabilità di formazione de La Niña aumentano però dal 35% al 40% entro la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno.
La Niña, caratterizzata da temperature oceaniche più fredde della media nell’Oceano Pacifico tropicale, può causare una stagione degli uragani nell’Atlantico più attiva e, più in generale, potrebbe aiutare a stemperare l’eccessivo calore a livello globale e dunque far sì che quest’anno non batta il record del 2016.
Lo scopriremo presto!
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