Secondo il Rapporto Ambiente Italia 2016 di Legambiente, oggi il 51% dei litorali italiani è stato letteralmente mutato dalla costruzione di case e palazzi e negli ultimi decenni al ritmo di 8 chilometri all’anno, mentre un terzo delle spiagge è interessato da fenomeni erosivi attualmente in espansione.
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Aree costiere in Italia. I litorali italiani non solo devono fare i conti con i cambiamenti climatici, ma anche con una mala gestione che li sta portando lentamente al degrado. Il cemento a iosa, unito all’erosione costiera, alla depurazione pessima e ai rifiuti tra mare e spiagge, sono le principali minacce per le nostre coste.
Secondo il Rapporto Ambiente Italia 2016 di Legambiente, oggi il 51% dei litorali italiani è stato letteralmente mutato dalla costruzione di case e palazzi e negli ultimi decenni al ritmo di 8 chilometri all’anno, mentre un terzo delle spiagge è interessato da fenomeni erosivi attualmente in espansione. Cifre destinate a crescere, dicono da Legambiente, se non si attua un cambio delle politiche.
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Infrazioni e inquinamento
14.542 sono le infrazioni accertate nel corso del 2014 tra reati inerenti al mare e alla costa in Italia, 40 al giorno, 2 ogni chilometro, ancora in crescita rispetto al 2013. L’habitat marino è costantemente messo alla prova dall’inquinamento, con il 25% degli scarichi cittadini ancora non depurati (40% in alcune località) e ben 1.022 agglomerati in procedura di infrazione europea. Il 45% dei prelievi realizzati da Goletta Verde nel 2015 è risultato inquinato, mentre la plastica continua a colonizzare spiagge e fondali marini. Solo il 19% della costa (1.235 chilometri) è sottoposta a vincoli di tutela.
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“Le coste sono uno straordinario patrimonio del nostro Paese – ha dichiarato Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente e curatore insieme a Sebastiano Venneri e Giorgio Zampetti del Rapporto – che dobbiamo liberare dalla pressione di cemento e inquinamento. Il Rapporto Ambiente Italia presenta una fotografia di questi impatti con dati davvero inquietanti e studi che dimostrano come sia possibile invertire questa situazione attraverso un cambio delle politiche. Proprio la sfida che i cambiamenti climatici pongono alle aree costiere del Mediterraneo, con impatti significativi sugli ecosistemi, sulla linea di costa e sulle aree urbane, deve portare a una nuova e più incisiva visione degli interventi. Occorre rafforzare la resilienza dei territori ai cambiamenti climatici e spingere verso la riqualificazione e valorizzazione diffusa del patrimonio costiero”.
Le aree costiere italiane sono così fragili non solo per i problemi idrogeologici e le urbanizzazioni, sia legali che abusive, in luoghi che spesso sono già a rischio dissesto, ma anche per alcuni fenomeni meteorologici (temporali, alluvioni, esondazioni…) che si stanno ripetendo con sempre più intensità e frequenza.
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Erosione costiera
L’erosione costiera oggi interessa in maniera più o meno diffusa tutte le regioni italiane: più di un terzo delle nostre spiagge è in erosione e si prevede che in futuro la situazione si complichi a causa dell’innalzamento del livello del mare e dell’intensificarsi dei fenomeni climatici estremi. In molti casi, per rispondere all’emergenza locale, si è intervenuti con la costruzione di scogliere aderenti alla costa che però non hanno più permesso il ricambio idrico e la sedimentazione delle sabbie, contribuendo al progressivo abbassamento dei fondali e ai possibili crolli cui si tenta di rispondere con strutture sempre più massicce e impattanti. Inoltre, queste difese artificiali provocano correnti pericolose che possono causare annegamenti. Di recente si sta utilizzando la tecnica del ripascimento dei litorali che sembra aver avuto maggiore efficacia ma che ha costi decisamente superiori.
Urbanizzazione
Legambiente ha analizzato i 6.477 chilometri di costa da Ventimiglia a Trieste e le due isole maggiori, senza considerare quindi le numerose isole minori. Quello che è emerso è che 3.291 chilometri sono stati trasformati in modo irreversibile, nello specifico 719,4 chilometri sono occupati da industrie, porti e infrastrutture, 918,3 sono stati colonizzati dai centri urbani. Un altro dato preoccupante riguarda la diffusione di insediamenti a bassa densità, con ville e villette, che interessa 1.653,3 chilometri, pari al 25% dell’intera linea di costa.
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Il bello è che dal 1988 ad oggi, malgrado la legge Galasso che avrebbe dovuto tutelare le aree entro i 300 metri dalle coste, sono stati trasformati da case e palazzi ulteriori 220 chilometri di coste, con una media di 8 km all’anno, cioè 25 metri al giorno. Tra le regioni più devastate la Sicilia con 65 km, il Lazio con 41 e la Campania con 29. Nelle aree costiere, secondo i dai Istat, nel decennio 2001 – 2011 sono sorti 18mila nuovi edifici. Ben 700 edifici per chilometro quadrato sia in Sicilia che in Puglia, 600 in Calabria ma anche 232 per chilometro quadrato in Veneto, 308 in Friuli Venezia Giulia e 300 in Toscana, Basilicata e Sardegna.
Inquinamento e beach litter
Mari e inquinamento: i ritardi nella depurazione riguardano ancora troppe città, non solo costiere, ed è vergognosa la situazione di tanti litorali italiani che fanno scappare i turisti. La maladepurazione riguarda il 25% dei cittadini italiani e complessivamente le infrazioni accertate ai danni delle coste e del mare nel 2014 sono state 14.542, pari a 40 al giorno, 2 ogni chilometro di costa, con 18mila persone denunciate e ben 4.777 sequestri effettuati. Le infrazioni inerenti specificatamente all’inquinamento sono state 4.545, il 31% del dato nazionale, con 7mila persone denunciate o arrestate e 2.741 sequestri.
Quello che preoccupa di più è la quantità di rifiuti presenti in mare e soprattutto la plastica galleggiante.
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Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente, suggerisce per il futuro delle nostre coste il modello delle aree protette, che in altri contesti si è già rivelato di successo.
“Come il sistema di 32 aree protette nazionali – spiega – , che sono un esempio virtuoso di gestione delle aree costiere di cui essere orgogliosi. O come i Comuni che ogni anno Legambiente premia con le cinque vele, che dimostrano come la strada più lungimirante sia oggi quella che coniuga la tutela del territorio con la valorizzazione e recupero del patrimonio edilizio esistente. Per dare una spinta a questa prospettiva occorre però che ci siano regole chiare, senza dimenticare che il nostro Paese deve anche muovere le ruspe per demolire le migliaia di case abusive che deturpano le nostre coste e avviare operazioni di riqualificazione in aree che potranno, in questo modo, avere un futuro turistico fuori dal degrado”.
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Eppure di buoni esempi ce ne sono: dal sistema per l’ormeggio non impattante nelle baie dai fondali più delicati nelle isole Egadi, alla Rete delle imprese delle marine del parco di Viareggio, che hanno scelto la sostenibilità ambientale, con iniziative concrete di turismo che promuove e valorizza i prodotti locali, o il sistema di tutela delle coste in Sardegna solo per citare alcuni esempi. E poi ancora: su tutto il territorio nazionale ci sono 32 aree protette nazionali con misure di tutela a mare, 27 aree marine protette (o riserve marine), 2 parchi marini sommersi, 2 perimetrazioni a mare nei parchi nazionali e un santuario internazionale per la tutela dei mammiferi marini.
Una gestione sostenibile si può avere. Ma per fermare gli speculatori edilizi e migliorare i sistemi di depurazione pare che la strada sia ancora molto lunga.
Germana Carillo