Sull'isola Campbell, a sud della Nuova Zelanda, si trova un abete rosso Sitka, l’albero più solitario del mondo. Piantato all’inizio del 20esimo secolo, secondo la scienza racchiude in sé la prova del passaggio da un’era all’altra.
Sull’isola Campbell, a sud della Nuova Zelanda, si trova un abete rosso Sitka, l’albero più solitario del mondo. Piantato all’inizio del 20esimo secolo, secondo la scienza racchiude in sé la prova del passaggio da un’era all’altra.
Una ricerca australiana pubblicata su Nature fissa il ‘golden spike’, cioè l’evento in grado di segnare il cambio da un’ era all’altra tra l’ottobre e il dicembre del 1965 e la dimostrazione sarebbe proprio nella storia di un albero australiano di Sitke.
Da anni, gli scienziati stanno cercando di documentare che sia passati in una nuova epoca, ovvero dall’Olocene iniziata con il ristabilimento del clima dopo l’ultima glaciazione e con lo sviluppo delle prime civiltà umane all’Antropocene, un’era caratterizzata dall’impatto dell’uomo sul Pianeta, segnata dai test nucleari, dall’inquinamento, dalla cementificazione e via dicendo.
L’Antropocene inizia il quarto trimestre del 1965, ma questo in realtà non è stato mai del tutto provato, da oltre trent’anni i geologi stanno cercando le prove della nuova fase.
“Per attestarlo, serve una firma globale sincrona all’interno dei materiali di formazione geologica, ovvero trovare tracce naturali per rivelare informazioni chimiche, fisiche e paleontologiche che confermino il cambiamento”, si legge nella ricerca.
Ma nello studio guidato da Chris Turney dell’università del Nuovo Galles del Sud, si parla adesso di una scoperta che riguarda proprio l’albero più solitario del mondo e nella sua esistenza potrebbe esserci la prova che mancava.
Il peccio di Sitka è stato studiato con il metodo del carbonio 14, così si è scoperto che nei suoi anelli ci sono isotopi di carbonio che provengono dai test nucleari avvenuti tra il 1950 e il 1960 e in particolare il picco c’è proprio nel 1965.
“L’albero del sud del mondo rappresenta una traccia importante perché il peccio è in un luogo incontaminato e quindi chiaramente è stato trapiantato”.
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Adesso i ricercatori hanno un elemento in più, ma per poter essere accettato come prova, il marcatore deve essere verificabile anche tra decine di migliaia di anni perché il radiocarbonio di preserva per circa 60mila anni.
Dominella Trunfio