Ulivi del Salento: a colpirli è stato un unico ceppo di Xylella, la conferma

Xylella, l'epidemia che da anni sta flagellando gli splendidi ulivi secolari pugliesi deriva da un unico ceppo di batterio. Lo dice l'Accademia dei Lincei che ha confermato quanto sostenuto due anni fa ne cosiddetto Rapporto Xylella

Xylella, l’epidemia che da anni sta flagellando gli splendidi ulivi secolari pugliesi deriva da un unico ceppo di batterio. Lo dice l’Accademia dei Lincei che ha confermato quanto sostenuto due anni fa ne cosiddetto Rapporto Xylella.

A marzo del 2016, infatti, l’Accademia dei Lincei incaricò alcuni soci di fare il punto sull’epidemia nota come Disseccamento Rapido dell’Ulivo (CoDiRo). Dai sopralluoghi e dalle interviste ai 16 ricercatori che si erano interessati del fenomeno per le Università di Bari, Lecce, Matera, i laboratori del CNR di Bari e il centro di ricerca di Valenzano, e ad alcuni rappresentanti di ordini professionali agrari, giornalisti e organizzazioni ambientaliste, nacque il il Rapporto Xylella, in cui veniva certificata l’origine batterica del disseccamento, attribuendo la causa dell’epidemia a un unico ceppo batterico noto come Xylella fastidiosa ssp pauca, ceppo st53, identico a quello ritrovato in piante di caffè importate dal Costa Rica.

Allora, il Rapporto suggerì anche le misure da prendere per circoscrivere l’infezione, ossia l’abbattimento delle piante infette e la lotta all’insetto vettore del batterio “attraverso il diserbo, il trattamento con insetticidi e la creazione di fasce di vegetazione con specie di piante arboree allelopatiche”.

In un secondo momento, analizzando i dati epidemiologici l’Accademia dimostrò la correlazione tra la presenza d’infezioni e i sintomi di disseccamento. Spiegano inoltre i Lincei che il contagio, partito dalla provincia di Lecce, ormai si è estero in gran parte anche in quella di Brindisi, passando per Taranto raggiungendo, all’inizio del 2018, anche i confini meridionali della provincia di Bari.

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Il monitoraggio da terra ha mostrato inoltre un aumento costante e rapido del tasso d’infezione delle piante anche in diversi punti della cosiddetta Zona Cuscinetto, spostando di circa 20 Km verso il nord della Puglia i confini della Zona Infetta, della Zona di Contenimento e della Zona Cuscinetto.

Come già evidenziato nel Rapporto Xylella, mutazioni nel genoma del batterio e/o la ricombinazione tra ceppi diversi di Xylella quando presenti nella stessa pianta, potrebbero dar luogo a nuovi ceppi infettivi per altre specie vegetali. Si ricorda che la Xylella fu inizialmente identificata come l’agente eziologico della malattia di Pierce, che impedisce la coltivazione della vite nella California meridionale; e non è irrealistico pensare che l’infezione pugliese possa propagarsi anche ai vigneti e agli agrumeti è l’allarme lanciato dall’Accademia.

Secondo gli esperti, occorre intervenire al più presto perché si corre il rischio che il batterio si evolva, adattandosi al nuovo ambiente in cui si è stabilito, riuscendo anche a modificarsi e a infettare nuove specie vegetali.

Ma come? La soluzione passa davvero per l’uso dei pesticidi e l’eradicazione degli ulivi infetti? Eppure le alternative biologiche esistono

Intanto non sono mancate le critiche contro l’Accademia, tra cui quella di Saverio De Bonis, Portavoce al Senato della Repubblica del Movimento 5 Stelle, che ha annunciato in tempi previ la nascita di una commissione d’inchiesta sul tema della Xylella:

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Francesca Mancuso

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