Limitare il verderame. L'Europa potrebbe farlo. Nei prossimi giorni infatti, la Commissione Ue proporrà agli Stati membri di ridurne l'utilizzo in vista del rinnovo della licenza
Limitare il verderame. L’Europa potrebbe farlo. Nei prossimi giorni infatti, la Commissione Ue proporrà agli Stati membri di ridurne l’utilizzo, in vista del rinnovo della licenza.
Il 19 e 20 luglio, secondo quanto reso noto dall’Ansa, la Commissione Ue proporrà agli stati membri un giro di vite sui pesticidi a base di rame utilizzati fin dal XIX secolo in agricoltura ed essenziali per quella bio, in particolare la viticoltura.
Queste sostanze dal 2015 sono in discussione nel quadro delle regole comunitarie sui chimici, considerate potenzialmente sostituibili in Europa per il loro impatto ambientale.
L’attuale licenza scadrà a gennaio 2019. Fra qualche giorno quindi, Bruxelles proporrà sì il rinnovo dell’autorizzazione per altri 5 anni ma tagliandone l’uso da 6 a 4 kg all’ettaro l’anno. Inoltre, la Commissione potrebbe anche cancellare la flessibilità concessa dagli attuali regolamenti, secondo cui è possibile ‘spalmare’ la soglia su 5 anni (30 kg/ha) in modo da utilizzare il verderame non usato nelle annate che richiedono meno trattamenti.
A questo sistema fa ricorso anche l’Italia, soprattutto le regioni del Nord durante le annate con piogge abbondanti e di conseguenza con una maggiore presenza di funghi e batteri nei vigneti.
Cos’è il verderame?
Il verderame è un fungicida, un anticrittogamico a base di rame. Se ne utilizzano diverse tipologie, dalla poltiglia bordolese o vetriolo azzurro, ottenuto dalla neutralizzazione del solfato rameico con idrossido di calcio, al solfato di rame fino agli ossicloruri di rame, combinazioni idrate di ossido rameico e un cloruro, che rispetto al solfato di rame hanno una minore fitotossicità, ossia sono meno dannosi per le piante. Queste sostanze, grazie al rame, interferiscono con la respirazione cellulare dei funghi.
Attualmente il verderame si usa per combattere svariate micosi e batteriosi delle piante, ad esempio per la difesa dell’olivo (contro l’Occhio di pavone e la Rogna), della Vite (contro la Peronospora), delle pomacee (contro la Ticchiolatura), delle drupacee (contro la Bolla e il Corineo), degli agrumi (contro il Mal secco e la Gommosi del colletto).
Perché l’Europa vuole limitare l’uso?
Anche se il rame è un metallo indispensabile per alcuni meccanismi biologici delle piante, occorre considerarne anche la tossicità. Esso infatti si deposita nei primi strati del terreno, accumulandosi nell’ambiente, soprattutto nel suolo, per poi passare alle falde acquifere, con rischi ambientali su un ampio spettro di organismi e microrganismi.
Da anni l’Unione europa si interroga sugli effetti e sull’importanza di limitarne l’uso. Nel 2014, la Commissione Ue ha finanziato il progetto After-Cu con il fondo per l’ambiente LIFE+ per promuovere la riduzione dei composti di rame in agricoltura, anche biologica.
Oltre alla tossicità diretta dovuta all’accumulo del metallo nel terreno, l’uso ripetuto in agricoltura dei sali di rame come fungicidi e battericidi ha un effetto collaterale non da poco. A riverlarlo è stata Stefania Tegli, ricercatrice del Dipartimento di scienze delle produzioni agroalimentari e dell’ambiente dell’Università di Firenze, che ha guidato il progetto After-Cu:
“Il rame determina un aumento allarmante, nella microflora degli agroecosistemi, della percentuale di batteri resistenti agli antibiotici, che finiscono col costituire una sorta di serbatoio di geni per l’antibiotico-resistenza. Questi geni sono presenti su elementi mobili del loro genoma, i plasmidi, che possono essere trasmessi con facilità anche ai batteri patogeni di uomo e animali, rendendoli così a loro volta resistenti agli antibiotici e vanificandone di fatto l’azione profilattica e terapeutica in medicina umana e veterinaria”.
Tra pochi giorni, la Commissione Ue deciderà sul da farsi. Una volta presentata la proposta di regolamento, la Commissione potrebbe metterla ai voti nel mese di ottobre.
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Francesca Mancuso