L'agricoltura intensiva, che utilizza pesticidi, sta devastando la biodiversità del nostro Paese. L'allarme arriva dal nuovo report ISPRA
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L’agricoltura intensiva sta dando il colpo di grazia alla biodiversità del Bel Paese. Sono i pesticidi, utilizzati nei terreni per rispondere alla crescente richiesta alimentare, una delle più grande minacce per l’ambiente (oltre che per la salute umana). A confermarlo è il nuovo report dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), presentato ieri alla Camera dei Deputati.
Nel nostro Paese, l’agricoltura intensiva sta portando a distruzione e frammentazione degli habitat naturali senza precedenti, già messi a rischio dall’espansione di aree urbanizzate e dalle colate di cemento.
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I pesticidi stanno avvelenando l’ambiente
In Italia vengono utilizzati 114.000 tonnellate l’anno di pesticidi, che rappresentano circa 400 sostanze diverse. Gli indicatori europei che misurano l’uso e il rischio dei pesticidi mostrano continui progressi. A partire dal 2011 la riduzione complessiva del rischio in Europa è stata del 21%, mentre in Italia si è fermata al 15%.
Se da una parte continua la diminuzione dei residui di pesticidi nel cibo che mangiamo, dall’altra aumenta in modo esponenziale l’inquinamento da pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee. Nel 2019, infatti, le concentrazioni misurate di pesticidi hanno superato i limiti previsti dalle normative nel 25% dei siti di monitoraggio per le acque superficiali e nel 5% di quelli per le acque sotterranee. Ma, secondo quanto riportato dall’ISPRA, la contaminazione rilevata è ancora sottostimata per via delle difficoltà tecniche e metodologiche.
Il grande problema della produzione del cibo è la competizione con la natura selvatica per una risorsa fondamentale: il territorio. Per fare agricoltura bisogna infatti eliminare un ecosistema naturale, con le sue piante e i suoi animali, e sostituirlo con un ambiente artificiale, semplificato, che va poi difeso dai tentativi della natura di riprenderne possesso con l’aratura e l’uso di pesticidi ed erbicidi. – si legge nel rapporto appena pubblicato – Dopo il raccolto, va ripristinata la fertilità del suolo con i fertilizzanti. E tutto questo richiede energia. L’allevamento tradizionale, soprattutto quello ovino, richiedeva il disboscamento del territorio per fare spazio ai pascoli.
L’agricoltura poco produttiva di decenni fa ha costretto a sottrarre alla natura gran parte dei nostri boschi e quasi tutti gli ambienti umidi, come le grandi paludi nella Pianura Padana e lungo le coste.
La questione degli allevamenti intensivi
Una situazione analoga si è verificata con gli allevamenti intensivi: da una parte i pascoli abbandonati sono tornati al bosco, ma dall’altra gli allevamenti intensivi sono molto inquinanti, mentre la produzione di mangimi richiede che moltissima terra coltivabile venga dedicata a questo scopo.
In Italia, il consumo di carne, dopo una fase di forte espansione dagli anni Settanta in poi, ha registrato un rallentamento e poi un calo: il consumo pro capite di carne, dopo aver toccato un massimo di 100 kg l’anno nei primi anni 2000, è ora di quasi 80 kg. Se da un lato è diminuito il consumo di carne bovina, dall’altro però è aumentato quello di carne suina, mentre il consumo di pollame è rimasto costante.
Alla fine del 2020 erano attive 458.534 aziende zootecniche e il numero dei bovini allevati era di quasi 6 milioni, dei bufalini 0,4 milioni, dei suini 8,5 milioni, degli ovini 7,1 milioni e dei caprini quasi 1,1 milioni. La sola Lombardia si configura come la Regione con il maggior numero di bovini (quasi 1,5 milioni, il 27% della produzione nazionale) e di suini allevati (50% della produzione nazionale).
L’urgenza di ripensare il sistema alimentare
Il report dell’ISPRA parla chiaro: non ci può essere transizione ecologica senza un forte ridimensionamento dell’impatto ambientale della produzione del cibo. Questo, infatti, è l’obiettivo della nuova strategia europea Farm to Fork, che fra le altre misure prevede entro il 2030 la riduzione del 20% dell’impiego di fertilizzanti e del 50% dell’impiego di pesticidi, e la destinazione ad agricoltura biologica del 25% della superficie agricola europea.
La sostenibilità è anche l’obiettivo di moltissime innovazioni che hanno già cominciato a cambiare il volto dell’agricoltura, e che vanno dalla digitalizzazione nella cosiddetta ‘agricoltura di precisione’ alla lotta integrata ai parassiti, dal miglioramento genetico al vertical farming, oltre naturalmente al continuo affinamento delle tecniche tradizionali. – si legge nel report ISPRA – Una parte della soluzione è anche il cambiamento delle abitudini alimentari, dal momento che a parità di potere nutritivo la carne ha un impatto sull’ambiente maggiore rispetto agli alimenti vegetali.
Per cambiare scenario e salvare preservare davvero la biodiversità, però, occorre rivedere i nostri sistemi alimentari e ridurre drasticamente il consumo di carne e di prodotti provenienti da terreni agricoli pieni di pesticidi.
“Se l’atteggiamento nei confronti del cibo cambiasse all’interno della società e le persone optassero per prodotti a più alto valore aggiunto, come carne e latticini prodotti in sistemi con un più alto livello di benessere animale e rispettosi dell’ambiente, gli effetti economici
sul settore zootecnico sarebbero meno pesanti” sottolinea l’ISPRA.
Un primo passo necessario per il nostro Paese è rappresentato dal Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari che però – come fa notare anche il WWF – è praticamente scomparso.
Dopo la scadenza nel febbraio 2019 del Piano precedente, la Legge nazionale sull’agricoltura biologica è ferma alla Camera dei Deputati e rischia di non essere approvata prima del termine della Legislatura, – denuncia il WWF – il Piano Strategico Nazionale della PAC post 2022 con il quale il nostro Governo e le Regioni devono programmare l’utilizzo di 51 miliardi di euro fino al 2027 è assolutamente inadeguato per sostenere una vera transizione ecologica della nostra agricoltura.
Non ha senso parlare di transizione ecologica se in Italia si continuano ad avvelenare acqua e terreni con i pesticidi (che finiscono sulle nostre tavole)…
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Fonti: ISPRA/WWF
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