Stop al fotovoltaico a terra: era davvero necessario? Quali conseguenze per le rinnovabili in Italia?

A poche settimane dalle elezioni europee, il 6 maggio scorso è stato approvato dal Consiglio dei ministri un decreto legge rivolto alle imprese agricole. Tra le misure c’è anche lo stop al “fotovoltaico selvaggio”. Ma che significa? E, soprattutto, era proprio necessario?

Nelle scorse settimane è stato approvato in Consiglio dei ministri il cosiddetto dl Agricoltura, il Decreto legge che ha l’obiettivo di introdurre “disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura e per le imprese di interesse strategico nazionale”.

Una serie di norme che prevedono – tra gli altri – interventi volti a contrastare le pratiche sleali, arrestare la diffusione della peste suina africana e della brucellosi, contenere la diffusione e la proliferazione delle specie alloctone come il granchio blu e alcune misure volte contrastare la scarsità d’acqua e potenziare le infrastrutture idriche e assicurare la continuità produttiva del complesso aziendale dell’ex ILVA.

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Tra tutte, quella che sta facendo discutere maggiormente riguarda il fotovoltaico: il dl introduce, infatti, anche il divieto di installare nuovi impianti con moduli a terra e di aumentare l’estensione di quelli già esistenti nelle zone classificate come agricole dai piani urbanistici, a esclusione degli impianti finanziati dal Pnrr, dai progetti di agrovoltaico e da quelli da realizzare in cave, miniere, aree in concessioni a Ferrovie  dello Stato, concessionari aeroportuali, aree di rispetto della fascia autostradale e interne a impianti industriali.

Lo stop, dunque, sarebbe – sentendo il ministro Lollobrigida – alfotovoltaico selvaggio.

Ma che significa? E, soprattutto, era proprio necessario?

Perché lo stop al fotovoltaico a terra si poteva evitare

Ricapitolando, il Dl “Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura e per le imprese di interesse strategico nazionalevieta l’installazione di nuovi pannelli fotovoltaici a terra sui terreni agricoli, fatti salvi gli impianti finanziati dal Pnrr, quelli relativi a progetti di agrivoltaico e quelli da realizzare in cave, miniere, aree in concessione a Ferrovie dello Stato e ai concessionari aeroportuali, aree di rispetto della fascia autostradale, aree interne ad impianti industriali.

In particolare, per quanto riguarda l’agrivoltaico, sono autorizzati gli impianti fotovoltaici sollevati almeno due metri da terra (il che incide non poco sotto il profilo dei costi, nonostante gli incentivi previsti dal Pnrr).

Ma dal punto di vista tecnico, un recente rapporto del Joint research center (Jrc) della Commissione Ue ha chiarito che il solo agrivoltaico sarebbe sufficiente a garantire il necessario sviluppo del fotovoltaico al 2030, ma insiste un problema di sostenibilità economica.

Con lo stop al fotovoltaico annunciato dal Governo sarebbero a rischio i target rinnovabili al 2030 – spiegano da Elettricità futura, l’associazione confindustriale che rappresenta il 70% del mercato elettrico nazionale. Potrebbe infatti innescarsi un effetto domino con rialzi dei costi di realizzazione dei nuovi impianti e un aggravamento normativo e amministrativo, oltre alla difficoltà di raggiungimento dei target. Con questa decisione si renderebbe più cara l’energia che costa meno in assoluto, quella prodotta dal fotovoltaico a terra. L’elettricità prodotta con gli impianti fotovoltaici utility scale, infatti, costa un terzo dell’elettricità generata dagli impianti fotovoltaici residenziali sui tetti.

Per questo i contenuti del decreto Agricoltura sono in contrasto con l’impegno di triplicare le rinnovabili al 2030 assunto dal Governo al G7 appena lo scorso 30 aprile. Oggi in Italia abbiamo 66 GW di rinnovabili installate. Triplicarle, significa 66 per 3 = 198 GW installati entro 7 anni.

Secondo i dati più recenti, la superficie agricola nazionale è di circa 16,5 milioni di ettari ma soltanto 12,8 milioni di ettari sono effettivamente destinati alla produzione alimentare (seminativi, coltivazioni legnose, pascolo e orti familiari) mentre i restanti 3,5 milioni di ettari di superficie agricola sono incolti o abbandonati.

impianti fotovoltaico

@GSE

Inoltre, solo 17mila ettari di superficie agricola sono attualmente occupati da impianti fotovoltaici. A livello regionale, secondo i dati Gse, la superficie agricola che ospita pannelli è compresa tra lo 0,1% e lo 0,2% del totale: ad esempio 0,17% in Abruzzo, 0,13% in Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Piemonte, 0,12% in Sicilia e Basilicata, 0,11% in Molise e Umbria, 0,10% in Veneto, 0,07% in Campania e 0,05% in Lombardia.

Per raggiungere il target al  2030 del RePowerEu (installare nuovi 84 GW di rinnovabili) servirebbe “solo lo 0,5% dei terreni agricoli e, ovviamente, si installerebbero gli impianti nei terreni agricoli non di pregio – evidenziano da Elettricità futura. Per raggiungere il target sottoscritto dall’Italia al G7 di triplicare le rinnovabili (installare nuovi 140 GW) servirebbe meno dell’1% dei terreni agricoli, sempre evitando le aree agricole di pregio“.

regioni fotovolt

@GSE

In buona sostanza, quindi? Il Governo blocca gli impianti a terra, ma solo poco più di 16mila ettari: dal reportSolare Fotovoltaico 2023” del Gse emerge che in Italia circa 16.400 ettari, infatti, sono occupati da parchi fotovoltaici a terra. Calcolando che la superficie totale in ettari del nostro Paese è di 30.207.300, di questi circa 12,8 milioni di ettari sono coltivabili, ma il settore agricolo non ne sfrutta la bellezza di 1.219.593 (dato dell’Istituto Nazionale di Economia Agraria), si capisce bene che non sono certo questo tipo di impianti a creare il problema. Conti alla mano, infatti, attualmente i parchi solari rappresentano l’1,4 % di tutti i terreni incolti presenti nel territorio italiano.

Per questo motivo, alcuni industriali insieme con le principali associazioni ambientaliste nazionali, come Legambiente, hanno condannato apertamente il decreto Agricoltura approvato dal Governo, sostenendo  da tempo la piena compatibilità (anche sotto il profilo paesaggistico) di rinnovabili e agricoltura.

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