Nel porto di Ravenna c'è soia proveniente dalla distruzione delle foreste, impiegata soprattutto come mangime per gli animali rinchiusi negli allevamenti intensivi italiani.
Nel porto di Ravenna c’è soia proveniente dalla distruzione delle foreste, impiegata soprattutto come mangime per gli animali rinchiusi negli allevamenti intensivi italiani.
Per questo, gli attivisti di Greenpeace hanno effettuato un blitz nello stabilimento di Bunge Italia spa, succursale di Bunge Limited – una delle più grandi e note compagnie dedicate alla produzione e al commercio internazionale di materie prime agricole, inclusa la soia. In questo porto, infatti, arriva circa la metà della soia importata nel nostro Paese.
Dopo aver scalato i silos usati per stipare tonnellate di mangimi, gli ambientalisti hanno aperto due grandi striscioni: il primo con un’immagine di quasi 200 mq raffigurante degli animali in fuga da una foresta in fiamme, il secondo con la scritta “Soia che distrugge le foreste”.
IN AZIONE Gli attivisti stanno dipingendo, su uno dei silos alti circa 30 metri, la scritta “CONTIENE FORESTE”. #StopAllevamentiIntensivi #ForestsAreLife pic.twitter.com/qDRqciLgjh
— Greenpeace Italia (@Greenpeace_ITA) November 24, 2021
“Bunge per esempio, nonostante la promessa di eliminare la deforestazione dalle proprie filiere entro il 2025, continua ad avere interessi commerciali con una grande tenuta agricola come Agronegócio Estrondo – già accusata di deforestazione illegale e accaparramento di terre – che continua a farsi largo nel Cerrado brasiliano distruggendolo e aggredendo le comunità che vivono e proteggono quelle terre da generazioni”, spiega Greenpeace.
Fonte: Greenpeace
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