Rose al profumo di sfruttamento: il vero costo dei fiori di San Valentino

Dietro le rose che si regalano a Sal Valentino -importate in Europa da Paesi come Kenya e Colombia - si nasconde uno sfruttamento spaventoso, di cui si parla ancora troppo poco...

La rosa è considerata il fiore simbolo d’amore per eccellenza. E anche quest’anno, puntualmente, nella giornata di San Valentino migliaia di innamorati si scambieranno mazzi di rose, in particolare rosse, che simboleggiano la passione.  Ma non tutti sanno che dietro questi fiori si nascondono delle terribili storie di sfruttamento. La gran parte delle rose importate in Europa e in Italia, infatti, proviene da Paesi come il Colombia, l’Ecuador e il Kenya, dove donne e bambini vengono pesantemente sfruttati e i loro diritti sono ripetutamente calpestati.

E negli ultimi anni le rose “insanguinate” importate in Italia sono decisamente di più, visto che anche il settore vivaistico Made in Italy ha subito un duro colpo, come sottolineato dall’associazione Coldiretti.

L’emergenza energetica si riversa infatti  non solo sui costi di riscaldamento delle serre, ma anche su carburanti per la movimentazione dei macchinari, sui costi delle materie prime, fertilizzanti, vasi e cartoni. –  spiega la confederazione nazionale dei coltivatori – Le imprese florovivaistiche non possono interrompere le attività pena la morte delle piante o la mancata fioritura, spiega l’associazione. Le rose ad esempio hanno bisogno di una temperatura fissa di almeno 15 gradi per fiorire e lo stesso vale per le gerbere, mentre per le orchidee servono almeno 20-22 gradi per fiorire ed in assenza di riscaldamento muoiono

Di conseguenza la scomparsa dei fiori italiani dal mercato porta ad un aumento delle importazioni da Paesi stranieri, che già nel 2021 hanno già fatto registrare un aumento del 20%, secondo quanto emerso da un’analisi Coldiretti sui dati Istat.

Da dove provengono le “rose insanguinate”?

Ma da dove arrivano le rose che finiscono sul mercato europeo? Tra i più grandi esportatori del mondo spicca il Kenya, che vende fino al 70% dei fiori in Europa. Il settore, infatti, e contribuisce a circa l’1% del PIL della nazione. L’industria del Paese è in mano principalmente alle multinazionali, che possiedono enormi serre in cui lavorano donne e uomini sottopagati e spesso in condizioni preoccupanti, come denunciato qualche anno fa da un’inchiesta apparsa sul The Guardian.

Ad avere la peggio sono soprattutto le donne, che in molti casi subiscono molestie sessuali nel silenzio generale e, se provano a ribellarsi, finiscono per essere licenziate. Chi lavora in questo settore, purtroppo, non può fare affidamento sui sindacati per chiedere condizioni di lavoro migliori, come accade nei Paesi occidentali.

Gran parte delle rose vendute negli Stati Uniti e in Europa arriva anche dall’America Latina, in particolare dalla Colombia e dall’Ecuador, Paesi in cui lo sfruttamento minorile è diffusissimo. Circa l’80% dei fiori importati dagli Usa provengono dalla Colombia. In questi Paesi sono principalmente le donne a raccogliere e coltivare fiori e talvolta persino i bambini. In queste nazioni  i loro salari sono spaventosamente bassi: poche decine di dollari a settimana per un lavoro massacrante nei campi e nelle serre. E i turni diventano ancora più pesanti in vista di occasioni come San Valentino, durante i quali aumenta la domanda di fiori. Chi lavora nei campi di rose non è sottoposto soltanto ad uno sfruttamento terrificante ma è esposto costantemente a fertilizzanti pericolosi per la salute, che possono provocare diverse patologie.

Prima di acquistare fiori per San Valentino, accertiamoci sempre della loro provenienza e ricordiamoci di tutte queste persone sfruttate senza pietà…

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Fonti: The Guardian/BBC/Ansa

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