I cambiamenti climatici stanno avendo serie conseguenze sulle coltivazioni di riso in India, mettendo a rischio le scorte. Per affrontare questa situazione, il Paese ha introdotto un divieto di esportazione, il quale potrebbe però aggravare la crisi alimentare globale
Nelle coltivazioni dell’India settentrionale c’è grande preoccupazione per il riso, preoccupazione che si estende anche oltre i confini nazionali.
Ciò che stanno vivendo gli agricoltori locali è drammatico. Le risaie nello stato di Haryana sono sommerse, le piogge torrenziali hanno infatti causato frane e inondazioni improvvise che hanno distrutto i raccolti e reso impossibile la semina fino a novembre. Ma questo è solo l’inizio dei problemi.
Il mese scorso, l’India, che è il più grande esportatore mondiale di riso, ha annunciato il divieto di esportare riso bianco non basmati, nel tentativo di calmare l’aumento dei prezzi nel Paese e garantire la sicurezza alimentare. L’India ha anche adottato ulteriori restrizioni sull’esportazione di riso, compreso un dazio del 20% sull’esportazione di parboiled.
Queste decisioni, inevitabilmente, pesano sia sugli agricoltori locali che a livello mondiale, il riso infatti è un alimento fondamentale per più di tre miliardi di persone nel mondo, e l’India contribuisce al 40% delle esportazioni globali di riso.
Gli agricoltori indiani si trovano in una situazione davvero precaria. L’aumento dei prezzi di mercato, causato dai raccolti compromessi, non si traduce in guadagni significativi per loro. In effetti, il divieto rischia di essere il colpo di grazia per gli agricoltori già in difficoltà a causa delle inondazioni.
I più colpiti da questa situazione saranno però, come sempre, i poveri delle nazioni del Sud del mondo, che dipendono fortemente dal riso come fonte primaria di cibo.
La decisione dell’India di vietare le esportazioni di riso non basmati, tra l’altro, è stata seguita da una corsa agli acquisti negli Stati Uniti, il che ha fatto aumentare i prezzi del riso ai massimi degli ultimi 12 anni. È importante notare che il divieto non si applica al riso basmati, una varietà indiana di alta qualità, ma colpisce circa il 25% delle esportazioni totali.
L’India non è il primo paese a vietare le esportazioni alimentari per garantire il consumo interno. Tuttavia, la tempistica della sua decisione, che è arrivata poco dopo che la Russia si è ritirata dall’accordo sui cereali del Mar Nero, ha scatenato preoccupazioni sulla disponibilità dei cereali di base a livello mondiale e sulla possibilità di una crisi alimentare che coinvolgerebbe milioni di persone.
La situazione poi si sta riflettendo sui prezzi del riso in altre nazioni. Il Nepal ha già registrato un aumento dei prezzi a seguito del divieto indiano, mentre il Vietnam ha visto i prezzi del riso raggiungere il loro livello più alto degli ultimi dieci anni. Anche la Thailandia, il secondo maggiore esportatore di riso al mondo dopo l’India, sta sperimentando un aumento significativo dei prezzi interni.
Diversi paesi, tra cui Singapore, Indonesia e Filippine, hanno chiesto urgentemente all’India di riprendere le esportazioni di riso verso le loro nazioni. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha incoraggiato l’India a rimuovere le restrizioni, sottolineando il potenziale impatto negativo sull’inflazione alimentare a livello globale.
Ora, c’è il timore che il divieto imposto dall’India possa spingere altri fornitori a seguire la stessa strada, aumentando ulteriormente le tensioni nei mercati alimentari globali.
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Fonte: CNN
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