Le piante di pomodoro biologico sono più “intelligenti” di quelle ibride e trattate con i pesticidi (svelate abilità chimiche sorprendenti)

Le specie vegetali hanno un modo tutto loro di lanciarsi dei segnali a vicenda, ma l'utilizzo di sostanze chimiche e la selezione genetica può mettere a rischio questa capacità (oltre che una crescita sana): a rivelarlo un interessante studio che svela i meccanismi segreti della comunicazione fra le piante di pomodoro

Le piante sono decisamente più attive di quanto pensiamo: usano tutta una serie di segnali per comunicare fra di loro. Un esempio fra tutti è l‘odore dell’erba tagliata, che non è altro che una sorta di grido d’allarme lanciato per avvertire le altre specie vegetali del pericolo imminente. O ancora quando un bruco mastica una foglia, la pianta invia un segnale che richiama i predatori dell’insetto.

Utilizzano i cosiddetti composti organici volatili (COV) per vari motivi: peparare le proprie difese, avvisarsi a vicenda delle minacce e reclutare microbi benefici del suolo in modo da crescere meglio.

Queste abilità, però, vengono compromesse nell’agricoltura intensiva, dove frequentamente si opta per selezioni genetich e vengono impiegate massicce quantità di pesticidi. A svelare cosa accade è un nuova sorprendente ricerca realizzata dall’Università dell’Illinois Urbana-Champaign e che si è focalizzata sulle piante dei pomodori.

“Studi precedenti avevano esaminato varietà di pomodori coltivate convenzionalmente su larga scala per la trasformazione e che di solito non vengono coltivate da piccoli agricoltori, quindi abbiamo deciso di chiedere agli agricoltori dell’Illinois cosa coltivano. Sulla base del loro feedback, abbiamo scelto le varietà di pomodori comunemente coltivate nell’Illinois centrale” spiega la ricercatrice Erinn Dady, che ha preso parte all’esperimento, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Chemical Ecology.

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I risultati dello studio su quattro varietà di pomodoro

Per l’esperimento gli studiosi hanno scelto le varietà biologiche Amish Paste e Cherokee Purple e due ibride (ottenute da una selezione genetica ad hoc), ovvero Mountain Fresh e Valley Girl, mettendo a confonto le loro risposte alla presenza dei bruchi e dei funghi micorrizici arbuscoli (AMF). Nell’arco di otto settimane sono state analizzate – attraverso le tecniche della gascromatografia e la spettrofotometria di massa – le varie sostanze rilasciate da ogni pianta.

“I funghi micorrizici arbuscoli e i bruchi, separatamente, hanno ridotto le emissioni volatili in tutte e quattro le varietà di piante di pomodoro. Il loro effetto, quando erano presenti insieme, era minimo rispetto agli effetti quando erano presenti entrambi” spiegano gli esperti.

Ma il dato più interessante è che i pomodori ibridi emettevano quantità inferiori di sostanze volatili rispetto a quelli biologici.

I pomodori grandi e succosi che tutti amiamo sono coltivati per il loro sapore. Nel frattempo, gli ibridi vengono coltivati ​​per la produzione convenzionale su larga scala, il che ha un costo per l’impianto – sottolinea la professoressa di entomologia Esther Ndumi Ngumbi, co-autrice dello studio – Il nostro lavoro suggerisce che stiamo compromettendo le difese delle piante attraverso i nostri processi di selezione.

Le piante sono state inoltre valutate anche in base alla loro crescita sia sopra che nel terreno. Dall’esperimento è venuto fuori che in presenza di funghi micorrizici arbuscoli, i campioni vegetali presentavano una biomassa fogliare migliore e strutture radicali più complesse.

I funghi formano partenariati per oltre l’80% delle specie vegetali errestri, avviando l’estrazione di nutrienti dal suolo in cambio di carbonio dalle piante” chiarisce Dady. – Abbiamo scoperto che, soprattutto nel Cherokee Purple, questi possono portare a ulteriori vantaggi, tra cui una migliore crescita e una maggiore emissione di COV.

Al contrario di quanto si possa credere, le piante rosicchiate dai bruchi hanno mostrato un livello di crescita maggiore.

Queste piante avevano più biomassa sia nelle radici che sopra il terreno, il che sembra controintuitivo perché sono state mangiate attivamente. Presumo che avrebbero meno biomassa – continua la ricercatrice. – È possibile che i bruchi abbiano innescato una risposta di crescita, simile quando si pota un albero per fargli produrre una nuova crescita.

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Fonti: Journal of Chemical Ecology/Università dell’Illinois Urbana-Champaign

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