Passate e pelati dal sapore amaro: cosa si nasconde dietro ai pomodori sugli scaffali dei supermercati

Aste a doppio ribasso e assenza di contratti, sfruttamento sessuale, emarginazione e truffe. La filiera alimentare è ancora invasa e pervasa dalla mano lunga del caporalato. Il nuovo podcast “Filiera Sporca” ricostruisce vent’anni di battaglie. E la domanda è: a che punto siamo?

Qui in Italia il settore agricolo traina un po’ tutto lo sviluppo delle terre del Sud. È da qui, dal sole del Mezzogiorno, che arriva il 30% delle esportazioni totali dell’agroalimentare italiano, ma è proprio qui, tra la Piana del Sele, l’Agro Pontino, il Foggiano, che non esistono rigide politiche di filiera, non c’è organizzazione del lavoro. Tutto manca, tutto è stretto nella morsa del malaffare.

Fattori che portano, senza nemmeno troppa fatica, al rafforzamento della Grande distribuzione, che commercializza il 70% dei prodotti agroalimentari e che vincola i produttori a dure condizioni contrattuali (e le aste al doppio ribasso ne sono un esempio) a volte anche attraverso pratiche vessatorie.

A minare ulteriormente lo sviluppo del comparto, si aggiungono casi di distorsione del lavoro regolare e dei contratti, che costringono i lavoratori a condizioni di vita indecorose. Il lavoro a cottimo lo si trova soprattutto nell’Agro Pontino, per esempio, dove i pagamenti sono erogati in base ai “mazzetti” di ortaggi raccolti, che vengono poi convertiti in giornate lavorate.

La piaga del caporalato

Il fenomeno dei “falsi braccianti” e delle “imprese intermediatrici fittizie” è invece presente soprattutto nel Foggiano. Queste imprese, che non svolgono attività agricola, hanno il compito di inserire negli elenchi agricoli persone che, pur non essendo braccianti, riescono ad accedere ai sussidi dell’Inps. Ma è il lavoro grigio la piaga più presente al Sud. Si basa su un tacito – e spesso obbligato – accordo tra il lavoratore e l’imprenditore agricolo: l’imprenditore si assicura un lavoro continuativo tutto l’anno, ma non registra mai più di 180 giornate, oltre le quali sarebbe obbligato a contrattualizzarlo.

È tutto oramai alla luce del sole. Eppure qualcosa è stato fatto contro il caporalato? Poco, ancora troppo poco.

Con la Legge 199 del 2016, la responsabilità dello sfruttamento si è estesa, oltre ai caporali, anche alle aziende agricole che fanno uso di manodopera irregolare. Ma resta ancora l’impianto di una filiera governato dalla GDO, che schiaccia i prezzi dei prodotti generando ricadute lungo tutta la catena produttiva, con effetti anche sulle condizioni di lavoro dei braccianti.

Una filiera davvero sporca

Si chiama “Terra – La filiera sporca” ed è la prima serie podcast realizzata dall’associazione ambientalista Terra!. Un excursus lungo le lotte, il lavoro e le vite nel grande ingranaggio della filiera alimentare. Un viaggio che, attraverso le voci dei principali protagonisti – braccianti, giornalisti, ricercatori, attivisti e sindacalisti – inizia nelle campagne italiane e finisce sugli scaffali di un supermercato.

Disponibile dal 19 luglio sulle principali piattaforme di ascolto online (Apple Podcasts, Spotify, iHeartRadio, Google Podcasts, Castbox, Deezer, Podcast Addict, Podchaser e JioSaavn) la serie si articola in 5 episodi e ripercorre la storia del bracciantato in Italia nel corso del Novecento, l’evoluzione delle filiere agroalimentari, la nascita dei supermercati e le nuove lotte per la giustizia sociale e i diritti in agricoltura nel XXI secolo.

Le storie dei braccianti

Quando salgono sul pullman, il 4 agosto 2005, Arkadiusz, Wojcech e Bartosz hanno vent’anni. I primi due sono di Lipno, il terzo di Starogard […]. Sono studenti universitari e ciò che li spinge ad andare laggiù, in fondo all’Italia, non è la fame né la ricerca disperata di denaro, ma il desiderio di raggranellare un po’ di soldi per pagarsi gli studi”. Così Alessandro Leogrande, uno dei più grandi giornalisti e scrittori italiani, morto prematuramente nel 2017 e presente con la sua voce nel podcast, introduceva nel suo libro “Uomini e caporali” (Ed. Feltrinelli, 2016) i tre studenti polacchi che, con le loro denunce, diedero il via al primo processo europeo contro il moderno caporalato di Puglia. Il 22 febbraio 2008 infatti il Tribunale di Bari emetteva la sentenza di primo grado del primo processo penale contro un’associazione transnazionale di caporali, che aveva ridotto in schiavitù centinaia di braccianti nelle campagne della Capitanata. Dopo pochi anni, due proteste, a Rosarno nel 2010 e a Nardò nel 2011, fanno emergere con più evidenza le drammatiche condizioni di vita e di lavoro dei braccianti agricoli in Italia, che però spingono i lavoratori, per la prima volta, ad autorganizzarsi.

Le aste a doppio ribasso

È l’inizio di una cesura. Questi eventi portano infatti all’introduzione dell’art. 603-bis del Codice penale, che istituisce in Italia il reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. Ma è solo a partire proprio dalla Legge 199 che è cambiato qualcosa, ma nemmeno tanto.

L’approvazione della legge contro le aste al doppio ribasso nel novembre 2021 è stata un’altra tappa importante giunta fino agli scaffali dei supermercati, per riequilibrare il potere di mercato lungo una filiera dominata dalla grande distribuzione, che spesso ha imposto gravose condizioni ai produttori attraverso il ricorso a pratiche sleali.

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