Ogm: davvero sicuri per l’ambiente e la salute?

Gli Ogm sono sicuri per l’ambiente e la salute? I ricercatori dell’Università di Perugia hanno esaminato gli studi condotti sulla sicurezza degli Ogm negli ultimi 20 anni. Il documento è stato pubblicato - ma quasi nessuno ne avrebbe parlato - a marzo 2014 sulla rivista scientifica Informa Heath Care. Il resoconto italiano non terrebbe però conto dei risvolti economici e sociali legati agli Ogm per agricoltori e cittadini.

Gli Ogm sono sicuri per l’ambiente e la salute? I ricercatori dell’Università di Perugia hanno esaminato gli studi condotti sulla sicurezza degli Ogm negli ultimi 10 anni. Il documento è stato pubblicato – ma quasi nessuno ne avrebbe parlato – a marzo 2014 sulla rivista scientifica Informa Heath Care. Il resoconto italiano, però, a nostro avviso non tiene conto dei risvolti economici e sociali legati agli Ogm per agricoltori e cittadini.

I ricercatori di Perugia celebrano il 30esimo anniversario dall’inizio della produzione di piante geneticamente modificate, descrivendolo come uno dei maggiori traguardi raggiunti nello sviluppo delle coltivazioni Ogm. Sottolineano che il la sicurezza è fondamentale per la loro adozione e che proprio questo tema è stato a lungo ignorato dal dibattito pubblico.

Hanno dunque esaminato le ricerche e i documenti legati alla sicurezza degli Ogm pubblicati nello scorso decennio e hanno stabilito che gli studi condotti fino a questo momento non hanno individuato rischi significativi per salute e ambiente legati alla coltivazione di Ogm. Ritengono che il dibattito in proposito debba essere sempre aperto e che una comunicazione scientifica efficace potrà avere un impatto significativo sul futuro dell’agricoltura Ogm.

A parere dei ricercatori, gli alimenti Ogm, sottoposti a severi controlli, non potrebbero introdurre tossine o allergeni nella produzione alimentare, in quanto nessun prodotto Ogm contenente nuovi allergeni non inseriti in uno specifico database verrebbe approvato per la commercializzazione. In conclusione, a loro parere non vi sarebbero al momento prove scientifiche sui rischi per l’ambiente e la salute legati agli Ogm. E, secondo Forbes, l’opposizione agli Ogm sarebbe basata solo su ragioni psicologiche, sulla politica e su falsi dibattiti.

L’Unione Europea si muove verso la libertà di decisione per ogni singolo Stato riguardo la possibilità di consentire o vietare la coltivazione di Ogm. In Italia le discussioni sono ancora aperte. È possibile che dire no agli Ogm significhi bloccare il progresso scientifico? Pensiamo che al giorno d’oggi l’innovazione tecnologica non possa avvenire senza tenere conto del proprio impatto ambientale, economico e sociale. E anche se l’impatto ambientale e sulla salute degli Ogm fosse davvero nullo, non si possono accantonare le questioni legate ai diritti di agricoltori e cittadini.

Abbiamo davvero bisogni di coltivare Ogm per risollevare il Paese dalla crisi e per rilanciare l’agricoltura? In Italia il biologico è in crescita ed è apprezzato in tutto il mondo e l’agroalimentare Made in Italy tradizionale è l’unico settore che riesce a trainare il Paese dal punto di vista delle esportazioni. Dunque, potrebbe essere giunto il momento di promuovere un’agricoltura davvero naturale – anche rispetto all’agricoltura industriale e convenzionale non Ogm – che non faccia uso di sostanze inquinanti e nocive per la salute e per l’ambiente, nel rispetto del nostro territorio e dei cittadini.

Nei giorni scorsi la senatrice Cattaneo è tornata a parlare di Ogm sul Corriere della Sera con una lettera rivolta al direttore del quotidiano, che porta il titolo di “I pregiudizi sulle colture rallentano l’innovazione”. Legambiente è subito intervenuta per sottolineare le inesattezze sugli Ogm presenti nello scritto. Il parere di Legambiente sulle parole della senatrice appare adatto anche a contestare la ricerca di cui sopra.

Il potere della politica potrebbe essere più forte rispetto a quello di multinazionali come Monsanto? Secondo Legambiente il punto di vista espresso dalla Cattaneo è discutibile. Bisogna ragionare sui dati di fatto: il rischio di contaminazione è stato accertato e il mais Ogm BT non ha ridotto l’uso di pesticidi (potenzialmente dannosi per api e insetti impollinatori, per la nostra salute e per la biodiversità).

Legambiente concorda su un unico punto con le parole della senatrice, cioè su quando ricorda che a proposito di etichette, da anni continuiamo a nutrire i nostri animali e indirettamente noi stessi con soia importata che molto probabilmente è Ogm, ma non c’è obbligo di indicarlo al consumatore.

Dunque, se li mangiamo da anni, come possiamo dire che gli Ogm siano pericolosi? Infatti – ribatte Legambiente – non sappiamo se gli Ogm siano, oppure no, pericolosi per la salute umana. Occorrerebbe molto più tempo e spese di ricerca per cercare correlazioni tra Ogm e alcune patologie in aumento, come ad esempio le allergie.

“Ma qui non si tratta di Ogm nei mangimi o nei prodotti alimentari” – ha commentato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – “Si tratta di coltivazioni Ogm in pieno campo e queste, ci sentiamo di dirlo con sufficiente sicurezza, sono pericolose per le sementi biologiche e convenzionali e in generale per l’ambiente. Perché il rischio di contaminazione, via impollinazione, è stato accertato in moltissimi casi. Vorrei anche ricordare alla senatrice Cattaneo che le coltivazioni in campo aperto oggi in Italia sono vietate e chi lo fa compie un reato”.

Legambiente ricorda che persino nell’ultimo caso delle coltivazioni illegali di mais Ogm Monsanto in Friuli nel 2013, che riguardava una piccolissima estensione di qualche migliaio di metri quadri, il Corpo Forestale dello Stato ha accertato la contaminazione fino al 10% di altre piante non Ogm.

Non solo. Ci sono anche evidenze scientifiche della possibilità di trasferire geni ingegnerizzati dalla pianta ai batteri del suolo (Applied and Environmental Microbiology, apr 1998, pp. 1550-54 + mar 2000 pp.1237-42, American Society for Microbiology).

Legambiente ricorda, infine, che le coltivazioni di mais BT non riducono affatto il ricorso ai pesticidi. Infatti, il trend di consumo dei pesticidi negli Stati Uniti nell’ultimo decennio, ossia in corrispondenza della progressiva penetrazione di mais Ogm, ormai al 90% negli Usa, è in crescita.

Buona parte di questo mais è finalizzato a ridurre l’impiego di erbicidi – come spiega Legambiente – che invece di diminuire è però aumentato del 13% tra il 2001 e il 2010 (dati Food & Water Watch, grande associazione di consumatori Usa). Il mais Ogm sarebbe quindi davvero vantaggioso per gli agricoltori della pianura Padana (alcuni dei quali sono sedotti dalla proposta Ogm perché reduci da due annate disastrose per il loro mais)?

Dal punto di vista economico, è bene ricordare che nel periodo 1995-2011, negli Usa, i costi medi per acro per l’acquisto di sementi sono aumentati del 259% per la soia e del 325% per il mais, secondo i dati dell’US Department Agriculture’s Economic Research Service. Prima di tutto, si dovrebbe dunque tenere conto dei risvolti sociali ed economici per gli agricoltori – dover sottostare a brevetti e non veder corrispondere raccolti più ricchi ai propri investimenti – e per i consumatori. Tutti noi vorremmo avere il diritto di poter scegliere prodotti davvero privi di Ogm, senza avere il timore che con la loro coltivazione in pieno campo le contaminazioni sarebbero fuori controllo. L’argomento, anche dal punto di vista della sicurezze degli Ogm per ambiente e salute, merita di certo ulteriori approfondimenti.

Marta Albè

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