I cittadini europei si oppongono all’introduzione di nuove coltivazioni OGM sul proprio territorio e la BASF fa marcia indietro. L’azienda tedesca, attiva nell’ambito delle biotecnologie vegetali, ha preso atto della sempre più evidente chiusura agli OGM da parte del mercato europeo, decidendo di concentrare le proprie attività prevalentemente negli Stati Uniti, dove esso appare fiorente, nonostante siano comparsi di recente alcuni segni di cedimento.
I cittadini europei si oppongono all’introduzione di nuove coltivazioni OGM sul proprio territorio e la BASF fa marcia indietro. L’azienda tedesca, attiva nell’ambito delle biotecnologie vegetali, ha preso atto della sempre più evidente chiusura agli OGM da parte del mercato europeo, decidendo di concentrare le proprie attività prevalentemente negli Stati Uniti, dove esso appare fiorente, nonostante siano comparsi di recente alcuni segni di cedimento.
Basf ha reso nota la propria intenzione di rinunciare alla studio ed alla commercializzazione di prodotti OGM destinati alle nazione europee, dato che, in base alle statistiche, 2 cittadini su 3 sarebbero contrari all’introduzione di nuovi prodotti geneticamente modificati. Le ragioni di Basf appaiono dunque strettamente industriali e commerciali. All’azienda appare inutile investire in un mercato che non le permetterebbe di ottenere i ricavi sperati. Della decisione intrapresa da Basf ha preso atto l’Unione Europea, che dal canto proprio sta valutando di concedere ai Paesi membri la possibilità di decidere in autonomia se limitare o vietare del tutto l’introduzione e la coltivazione di Ogm sul proprio territorio.
Il ritiro di Basf coinvolge anche la coltivazione della patate della varietà geneticamente modificata Amflora, la cui presenza interesserebbe una piccola porzione della produzione agricola del Nord Europa, a cui ora i Paesi interessati dovranno dire addio. La coltivazione di patate Amflora era stata autorizzata dall’UE nel marzo del 2010, ma non era stata accolta benevolmente dalla maggior parte dei Paesi dell’Unione, ben consapevoli che, seppure le patate Ogm fossero dichiaratamente destinate ad utilizzi industriali ed all’alimentazione del bestiame, organismi geneticamente modificati sarebbero entrati di fatto nella catena alimentare dei consumatori.
Di fronte all’avversità dei cittadini dell’Unione agli Ogm, sarebbe auspicabile un riorientamento delle risorse destinate alla ricerca in tale ambito verso il suo rivale più diretto: l’agricoltura biologica. Soltanto in questo modo sarà infatti possibile garantire ai consumatori un sistema di coltivazione basato sulla sostenibilità ambientale e sull’esclusione di sostanze chimiche dannose, a beneficio della salute di ciascuno e dei terreni destinati all’agricoltura. L’annuncio di Basf è stato accolto con entusiasmo da Alessandro Triantafyllidis, presidente di AIAB, il quale ha voluto avanzare la propria proposta in merito al Parlamento Europeo:
“Considerando la comprovata avversione degli europei agli OGM in campo e nel piatto, chiediamo al Parlamento e al Consiglio Europeo di riequilibrare i fondi comuni per la ricerca in agricoltura nel prossimo Programma Quadro Horizon 2020, attualmente in discussione a Bruxelles. Sino ad oggi, infatti, i finanziamenti europei per la ricerca di settore hanno avvantaggiato gli OGM rispetto a modelli di agricoltura sostenibile, come il biologico. Un vantaggio dalle proporzioni sconcertanti, che vede affluire nelle casse della ricerca sulle biotecnologie vegetali oltre 133 milioni di euro, contro i 41 che arrivano al bio”.
A parere della Coldiretti, il ritiro di Basf non è altro che il segno evidente di come si sia finalmente compreso il fatto che il mercato agroalimentare europeo risulti vincente soltanto nel momento in cui esso decide di puntare sulla distintività, a dispetto dell’omologazione. La speranza espressa da Coldiretti è che ora altre aziende multinazionali impegnate nel campo degli Ogm seguano l’esempio di Basf, decidendo per il proprio ritiro dal mercato europeo prendendo atto della continua perdita di terreno da parte delle coltivazioni Ogm, la cui presenza in Europa si è drasticamente ridotta nel corso degli ultimi anni.
Marta Albè