I coltivatori di canna da zucchero del Nicaragua sono sempre più colpiti da gravi disturbi renali di origine non ancora chiara. E’ possibile intervenire per salvarli?
I coltivatori di canna da zuccherodel Nicaraguasono sempre più colpiti da gravi disturbi renali di origine non ancora chiara. È possibile intervenire per salvarli?
Circa la metà della popolazione maschile di Chichigalpa è affetta da una malattia renale spesso mortale che sembra essere legata al loro lavoro di coltivatori di canna da zucchero. La malattia è nota come insufficienza reale cronica e sta letteralmente mettendo in ginocchio gli abitanti di Chichigalpa, dove ha sede la San Antonio Sugar Mill.
Le cause della malattia sono ancora misteriose, ma pare che disidratazione, stress, antibiotici, utilizzo di prodotti agrochimici e motivazioni genetiche siano tra i possibili fattori che contribuiscono alla sua comparsa. L’insufficienza renale cronica sta interessando i lavoratori agricoli, soprattutto uomini, anche in altre parti del mondo.
Nello Sri Lanka, ad esempio, il 15% della popolazione è stato colpito da malattie renali. Si contavano nel 2014 400 mila pazienti e 20 mila decessi. Sul banco degli imputati per quanto riguarda le cause della malattia troviamo l’erbicida Roundup a base di glifosato prodotto da Monsanto. Lo Sri Lanka ha dunque richiesto la messa al bando di Roundup e di qualsiasi prodotto a base di glifosato.
Pare che l’utilizzo di alcuni potenti prodotti agrochimici possa portare all’accumulo di metalli pesanti nefrotossici, dunque pericolosi per i reni, nell’acqua potabile. L’acqua a disposizione delle popolazioni agricole del Nicaragua, dello Sri Lanka, e non solo, rischia di risultare pericolosa per la salute della popolazione.
Il regista e fotografo Ed Kashi ha deciso di documentare l’epidemia di insufficienza renale che in America Centrale si stima abbia ucciso 20 mila persone negli ultimi due decenni. Kashi prevede di utilizzare il cortometraggio sui coltivatori di canna da zucchero per avviare una raccolta fondi in aiuto della popolazione.
Il regista ha raccontato al National Geographic che basta trascorrere una giornata a Chichigalpa per incontrare innumerevoli uomini malati di età compresa tra i 21 e i 65 anni. Pare che raccogliere la documentazione per girare il lungometraggio non sia stato facile. Quasi impossibile riprendere i funerali delle persone decedute a causa dell’insufficienza renale.
I familiari delle persone scomparse infatti, dovendo continuare a lavorare per l’azienda produttrice di zucchero di canna, preferiscono che non ci siano testimonianze della morte dei loro cari, probabilmente legata al loro lavoro nelle piantagioni.
Molti lavoratori fin da giovani sono costretti alla dialisi. Continuano a lavorare pur essendo già malati, fino al punto di dover lasciare la propria occupazione nella speranza di potersi permettere delle cure. Chi arriva al punto di doversi sottoporre alla dialisi senza poter più uscire di casa sa che purtroppo morirà entro 6 mesi o un anno al massimo.
Forse una soluzione esiste. Il regista spiega che a El Salvador una compagnia di produzione dello zucchero di canna chiamata El Angel ha appena iniziato un progetto pilota della durata di tre anni per enfatizzare la possibilità per i coltivatori di avere a disposizione acqua potabile sicura, ombra e momenti di riposo.
Il progetto ha preso il via grazie a La Isla Foundation e Solidaridad. Con il proprio documentario il regista spera di sollevare l’attenzione sul problema e di incoraggiare i cittadini a fare pressione sui Governi locali e sulle aziende per migliorare le condizioni di lavoro nelle piantagioni di canna da zucchero. In Nicaragua, purtroppo, le conseguenze della produzione di zucchero sono ancora troppo amare. Ombra e acqua potabile basteranno, oppure bisognerebbe indagare più a fondo sui prodotti agrochimici utilizzati nella coltivazione di canna da zucchero?
Marta Albè
Fonte foto: fairfood.org
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