La produzione intensiva di mele ha un gusto davvero amaro. Stiamo mangiando mele al sapore di pesticidi? Nelle mele coltivate in modo intensivo è presente un vero e proprio cocktail di pesticidi secondo gli ultimi dati di Greenpeace.
La produzione intensiva di mele ha un gusto davvero amaro. Stiamo mangiando mele al sapore di pesticidi? Nelle mele coltivate in modo intensivo è presente un vero e proprio cocktail di pesticidi secondo gli ultimi dati di Greenpeace.
Il problema riguarda tutta l’Europa e in particolare l’Italia, dove sono state rilevate fino a 13 sostanze chimiche diverse, 10 in un solo campione di acqua analizzato.
Si tratta di ciò che emerge dal rapporto appena pubblicato da Greenpeace “Il gusto amaro della produzione intensiva di mele”. Il rapporto è un’analisi dei pesticidi nei meleti europei e di come soluzioni ecologiche possano fare la differenza. Contiene i risultati delle analisi di 85 campioni di acqua e di suolo prelevati in 12 Paesi europei tra cui l’Italia. I Paesi dove sono stati raccolti i campioni sono: Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Polonia, Slovacchia, Spagna, Svizzera e Ungheria.
Il rapporto fa inoltre riferimento ad esempi di pratiche agricole ecologiche per effettuare una produzione sostenibile senza contaminare il suolo e l’acqua. Bisogna ricordare che l’Italia è uno dei maggiori produttori di mele a livello europeo. Sarebbe dunque necessario per migliorare la qualità della produzione abbandonare la dipendenza dai pesticidi di sintesi per proteggere sia gli agricoltori e le loro famiglie che i consumatori da queste sostanze potenzialmente dannose per la salute.
Secondo Greenpeace, l’abuso di pesticidi nei meleti rappresenta un vero e proprio fallimento per l’agricoltura industriale. Nel rapporto vengono presentati 36 campioni di acqua e 49 di suolo, raccolti durante i mesi di marzo e aprile 2015 in meleti a gestione convenzionale e analizzati per verificare la presenza di residui di pesticidi.
I campioni rappresentano una fotografia della situazione all’inizio del periodo della fioritura. Su 85 campioni, sono stati rilevati 53 pesticidi differenti. Il 78 per cento dei campioni di suolo e il 72 per cento dei campioni di acqua contenevano residui di almeno un pesticida. Questi dati riguardano i campioni raccolti complessivamente in Europa.
Il pesticida riscontrato più di frequente sia nei suoli che nelle acque è il fungicida boscalid che era presente nel 38% dei campioni di suolo e nel 40% dei campioni di acqua. Esiste poi un fatto davvero grave: tra i pesticidi individuati troviamo 7 sostanze che non sono attualmente ammesse dall’Unione Europea. Secondo Greenpeace potrebbe trattarsi di applicazioni pregresse, ma ciò ci dovrebbe fare riflettere su quanto possano essere persistenti i residui di pesticidi nelle acque e nei terreni.
Una produzione di mele sostenibile è possibile? A parere di Greenpeace lo è. Si tratta di coltivare mele senza contaminare acqua e suoli. L’utilizzo di pesticidi nei meleti si può decisamente ridurre. È fondamentale un sistema agricolo in equilibrio che rende le piante più resistenti ai parassiti e alle malattie. Inoltre favorisce la presenza dei nemici naturali dei parassiti.
La richiesta di Greenpeace ai Paesi UE è molto chiara: bandire i pesticidi di sintesi dalle coltivazioni europee e usare i sussidi a sostegno di pratiche ecologiche, per tutelare la salute degli agricoltori, delle acque e del suolo.
Leggi qui la sintesi in italiano del rapporto “Il gusto amaro della produzione intensiva di mele” e il rapporto integrale in inglese.
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