Il grano coltivato ha perso molti dei suoi meccanismi di difesa e per questo può essere attaccato soprattutto da afidi, che ne rovinano la produzione, abbassandone la resa. Il grano selvatico, invece, sa come diventare velenoso per gli insetti e questa scoperta potrà in futuro aiutare le coltivazioni, limitando l'uso di pesticidi ma attraverso una modificazione genetica
Il grano è una coltura di base, essenziale sia per la dieta umana che per quella del bestiame. Il problema più grosso, però, è che queste piante sono continuamente attaccate da insetti che spesso gli causano gravi danni e alla fine portano a perdite di resa considerevoli.
A tutto questo si aggiunge anche l’aumento delle temperature globali che indubbiamente peggiora la situazione e permette l’espansione di parassiti in nuovi regioni, favorendone anche la riproduzione.
Una delle minacce più gravi per il grano sono gli afidi, che ne risucchiano i nutrienti e riescono a far penetrare dei virus vegetali all’interno della pianta stessa. Di questi piccoli insetti esistono circa 5000 diverse specie in tutto il mondo.
Il nuovo studio di cui vi parliamo oggi, però, ha esaminato il grano selvatico scoprendo che questo ha almeno due metodi di difesa contro i parassiti:
- ha un rivestimento di “peli” che impedisce agli insetti di trovare un posto dove scavare nel gambo (questo potrebbe potenzialmente essere riprodotto anche nel grano coltivato per proteggerlo)
- il grano produce un veleno – un fitochimico chiamato benzoxazinoide – che scoraggia gli insetti dal mangiare il grano
Queste sorprendenti scoperte potrebbero aiutare anche il grano coltivato nella lotta ai parassiti. Come ha dichiarato la biologa Vered Tzin, dell’Università Ben-Gurion del Negev in Israele e autrice principale dello studio:
È della massima importanza esplorare rigorosamente i meccanismi e le caratteristiche naturali di difesa delle piante, che potremmo allevare di nuovo nel grano coltivato per proteggerlo dagli insetti, invece di usare pesticidi dannosi, che non funzionano nemmeno così bene.
La dottoranda Zhaniya Batyrshina del laboratorio della professoressa Tzin, è la prima ad aver isolato il gene che controlla la produzione di questo veleno:
Ora che sappiamo quale gene controlla la sua produzione, possiamo generare grano coltivato migliorato con le stesse capacità di autodifesa.
E sta ovviamente proprio in questo aspetto la grande utilità del nuovo studio che potrebbe aprire scenari interessanti riguardo al potenziamento genetico del grano che coltiviamo, così che riesca a difendersi dagli afidi senza l’utilizzo di pesticidi.
Di contro, però, si tratterebbe appunto di una modifica genetica. La diatriba dunque è aperta: da una parte abbiamo l’uso di pesticidi, dall’altra potenzialmente gli OGM. Bisognerà capire infatti come eventualmente verrà trattato il grano per farlo diventare “velenoso” per gli insetti.
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Fonte: Journal of Experimental Biology / Università Ben Gurion del Negev
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