Glifosato: gli studi sulla sicurezza che ne hanno permesso l’utilizzo in Europa non sono affidabili

Una nuova analisi getta l'ombra sulla conformità della maggioranza degli studi sulla sicurezza glifosato sulla base dei quali si è espressa l'EFSA

La stragrande maggioranza degli studi sulla sicurezza su cui si è basato il parere delle autorità europee per dare il via libera all’utilizzo di glifosato fino ad oggi, non soddisfano i criteri di conformità previsti. A dirlo due tossicologi di fama internazionale che hanno condotto una nuova analisi.

La valutazione indipendente sul glifosato è opera di Siegfried Knasmueller e Armen Nersesyan,  ricercatori dell’Istituto di ricerca sul cancro del Centro ospedaliero universitario di Vienna (Austria), specialisti riconosciuti a livello internazionale in tossicologia genetica.

La loro analisi parla chiaro: gran parte dei 53 studi riservati di genotossicità regolatoria, che hanno portato alla riautorizzazione dell’erbicida in Europa nel 2017, sono controversi e discutibili e di fatto non soddisfano i criteri di qualità previsti.

Fino ad ora, scienziati indipendenti non erano mai stati in grado di consultare i dettagli di questi studi e commentarli pubblicamente senza incorrere in procedimenti legali. Stavolta però la ricerca è stata fatta, commissionata dall’ONG SumOfUs ai due scienziati austriaci e resa pubblica oggi. Questa fa luce sulle divergenze di opinioni riguardo alla tossicità dell’erbicida più venduto al mondo e sbilancia l’ago dalla parte di chi è convinto dei rischi di questa sostanza.

La qualità di questi studi, non di tutti, ma di molti di questi studi è molto scarsa. Le autorità sanitarie hanno accettato alcuni di questi studi molto scarsi come informativi e accettabili, il che non è giustificato da un punto di vista scientifico – ha dichiarato il professor Siegfried Knasmueller a The Guardian.

Bisogna ricordare che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), la principale autorità di classificazione degli agenti cancerogeni nel mondo, dal 2015 considera il glifosato un “probabile cancerogeno” e sostiene che esistono “prove forti” per la sua genotossicità. Al contrario, le agenzie di regolamentazione in Europa e negli Stati Uniti ritengono che tali prove non esistano.

Gli studi aziendali in questione, analizzati dai due tossicologici, si concentrano sulle proprietà genotossiche del glifosato – indipendentemente dal fatto che causi o meno danni al DNA – e supportano le rassicurazioni in merito al fatto che la sostanza è sicura se usata come indicato e che non provoca il cancro. Si tratta di studi commissionati e/o condotti dalla ex Monsanto Co, che ora fa parte di Bayer AG; così come Syngenta; e altre aziende coinvolte nella produzione e/o vendita di glifosato.

Ma, in parole povere, a detta dei due esperti la valutazione sula sicurezza del glifosato è stata confermata con una maggioranza di studi non adeguati. La revisione approfondita di questi documenti, presentati alle autorità di regolamentazione dalle grandi aziende chimiche, mostra che la maggior parte non è conforme ai moderni standard internazionali per rigore scientifico e mancano i tipi di test più in grado di rilevare i rischi di cancerogenicità. La metodologia utilizzata in gran parte degli studi del settore è dunque obsoleta.

Un’accusa non da poco che potrebbe avere (e ce lo auguriamo) un impatto decisivo sulla messa al bando definitiva del glifosato nei paesi Ue. L’analisi arriva infatti in un momento molto critico dato che Bayer chiede ai regolatori europei di autorizzare nuovamente il glifosato prima della scadenza dell’approvazione il prossimo anno.

Leggi tutti i nostri articoli sul glifosato.

Fonte: The Guardian

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