Attraverso cibo e bevande siamo esposti a piccole tracce di glifosato e altri pesticidi, entro i limiti. I rischi sono nel bioaccumulo
Nel cibo e nelle bevande che consumiamo: frutta, verdura ma anche cereali, vino, birra, ecc. si possono trovare pesticidi di vario genere, tra cui il glifosato. Numerosi test e analisi hanno individuato queste sostanze all’interno di campioni di prodotti di uso comune, anche se nella maggior parte dei casi entro i limiti di legge. La preoccupazione però è lo stesso legittima, soprattutto se consideriamo il problema del bioaccumulo.
I pesticidi avvelenano i nostri piatti ogni giorno, anche se a piccole dosi. L’ha testimoniato recentemente il dossier Stop Pesticidi di Legambiente che ha reso noto come, ad esempio, il 70% della frutta sia contaminata da almeno 1 pesticida (e nei casi peggiori addirittura da 11!).
Qualche settimana fa vi avevamo parlato invece del test sugli spaghetti al glifosato, in cui Il Salvagente fotografava la situazione dei pesticidi all’interno dei marchi di pasta più noti e venduti in Italia. Alcuni presentavano tracce del noto erbicida sia pur, lo ricordiamo e sottolineiamo, al di sotto dei limiti di legge.
È tutto legale insomma, ma ci sono due aspetti da considerare. Il problema del bioaccumulo e quello dei multiresidui.
Il bioaccumulo
Purtroppo il fatto che i pesticidi si trovino nell’ambiente, nella terra e nell’acqua, sta creando una serie di problemi a catena.
Il bioaccumulo è il processo attraverso cui sostanze tossiche inquinanti persistenti (come appunto i pesticidi) si accumulano all’interno di un organismo, in concentrazioni superiori a quelle che si trovano nell’ambiente circostante.
Vi sono alcune specie, definite bioaccumulatrici, che assimilano alcuni contaminanti, li concentrano al loro interno (riuscendo a sopravvivere) e per questo vengono utilizzate dagli scienziati per riconoscere e quantificare le sostanze che si trovano sulla terra o nel mare.
I muschi e i licheni, ad esempio, aiutano a determinare le concentrazioni di metalli pesanti presenti nell’aria, i mitili sono utili a monitorare le acque mentre insetti come le api sono lo specchio dell’inquinamento da metalli pesanti e pesticidi.
E noi cosa c’entriamo? Perché il bioaccumulo è un problema anche per noi?
In pratica, come spiega il dossier, i pesticidi che sono sostanze persistenti e difficili da eliminare per gli organismi viventi:
“tendono ad accumularsi nelle parti a più alto contenuto lipidico, dallo strato ceroso della buccia della mela fino ai tessuti adiposi degli animali, uomo incluso. Questa particolare affinità li rende composti che rimangono a lungo in ambiente, raggiungendo anche le aree più remote del Pianeta”.
Pensate infatti che tracce di alcuni insetticidi sono state trovate addirittura negli orsi polari e nelle foche!
“I bioaccumulatori possono fornire informazioni sulla capacità di una sostanza di propagarsi lungo la catena alimentare e di aumentare la concentrazione ad ogni livello trofico così da risultare ancora più tossico al vertice“.
In parole povere, tutta la catena alimentare può essere contaminata e, al vertice, ci siamo proprio noi, gli esseri umani che consumiamo verdura, uova, latte, carne, pesce, ecc.
Quali sono i rischi?
“Alcuni composti come neonicotinoidi, organofosforici carbammati utilizzati nel controllo dei pests delle coltivazioni, interferiscono con il funzionamento delle trasmissioni nervose degli organismi, causandone una sovrastimolazione e rappresentando un rischio per la salute umana e ambientale. (…) Oltre ad effetti neurotossici, l’accumulo di sostanze di sintesi, tra cui i pesticidi, può portare anche alla produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS). I ROS risultano altamente instabili chimicamente e, anche se l’organismo tenderebbe a neutralizzarli attraverso gli antiossidanti, la loro eccessiva presenza provoca uno spinto stress ossidativo. Nell’uomo possono determinare l’insorgenza di malattie quali cancro, immunodeficienza e ipertensione” si legge nel report.
Queste sono solo alcune delle scoperte fatte in ambito scientifico sui potenziali rischi dell’esposizione ai pesticidi.
I multiresidui
C’è poi un secondo fattore, non indifferente da considerare. Non siamo esposti solo a piccole tracce di glifosato, entro i limiti, ad esempio nella pasta, ma ad una vasta gamma di pesticidi, una specie di cocktail di sostanze chimiche potenzialmente dannose.
Quale possa essere l’effetto combinato di queste sostanze non è ancora ben chiaro ma è evidente che i rischi ci sono. La scienza si sta interrogando sui possibili effetti per la salute dell’esposizione a tante piccole tracce di pesticidi differenti che potrebbero, almeno in teoria, interagire tra di loro aumentando gli effetti nocivi.
Legambiente definisce “preoccupanti” i dati sul multiresiduo ma, ricorda, la legislazione europea non considera questo attualmente un problema, a meno che ogni singolo livello di residuo non superi il limite massimo consentito. Anche l’Efsa lo scorso anno ha “assolto” i multiresidui.
Una situazione complessa ma sicuramente da prendere seriamente in considerazione. Cosa possiamo fare? Cerchiamo il più possibile di acquistare alimenti non trattati o da agricoltura biologica.
Fonte: Legambiente
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