Si allarga il fronte del no alla carne coltivata: mentre continuano le proteste degli agricoltori in giro per l'Europa, 12 Paesi - guidati da Italia, Francia e Austria - si rivolgono all'Ue nel tentativo di bloccare l'autorizzazione
Prosegue la crociata contro la carne coltivata, senza crudeltà, sul territorio europeo. Ad opporsi fermamente a questa innovazione la categoria degli agricoltori, che negli ultimi giorni sta manifestando in vari Paesi, dalla Francia all’Italia, bloccando il traffico con i trattori. Per chi lavora nel settore rappresenta una minaccia ai sistemi produttivi tradizionali, così come il lancio sul mercato di alimenti a base di farina di grilli e altri insetti.
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“Non possiamo permettere che le decisioni green di Bruxelles impattino in agricoltura, il governo deve dire “no” a chi intende invadere le nostre terre e le nostre coste, a chi vuole farci concorrenza sleale, calpestando le nostre tradizioni, con la presunzione di determinare anche il prezzo delle nostre merci, prezzi nella maggior parte dei casi insufficienti a coprire i costi di produzioni, mentre i consumatori si trovano davanti a rincari sempre più alti” spiegano in una nota gli agricoltori di Ravenna, una delle tante città interessate dalle accese proteste.
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Le richieste dei 12 Paesi che si oppongono alla carne coltivata
Ma la novità della carne coltivata in laboratorio fa paura anche a diversi governi europei. Sono ben 12 gli Stati, guidati da Italia, Austria e Francia, che la scorsa settimana hanno chiesto ulteriori indagini in merito per bloccarne l’autorizzazione.
“La carne coltivata in laboratorio rappresenta una minaccia ai metodi di produzione alimentare genuina che sono al centro del modello agricolo europeo. Lo sviluppo di questa nuova produzione di alimenti coltivati in laboratorio solleva molte questioni che devono essere discusse a fondo” scrivono nella nota presentata al Consiglio Agricoltura e Pesca dalle delegazioni dei tre Paesi; a sottoscrivere il documento anche altre nove nazioni: Grecia, Repubblica Ceca, Cipro, Ungheria, Lussemburgo, Lituania, Malta, Romania e Slovacchia).
Diverse le domande (di natura etica, sociale, legale e riferite alla tutela della salute pubblica) sollevate dagli Stati contrari.
“La produzione di carne coltivata può essere considerata un’alternativa più rispettosa degli animali rispetto a quella legata agli allevamenti, se comporta l’uccisione di animali?” – chiedono nella nota – “Come possiamo garantire la sicurezza della tecnologia delle cellule staminali per evitare rischi per la salute dei consumatori?”.
Gran parte delle richieste, però, si basa su una serie di informazioni fuorvianti e non veritiere, come evidenziato dalla scheda informativa diffusa dal Cellular Agricolture Europe e dal Good Food Institute Europe.
Ad esempio viene affermato che la carne prodotta in laboratorio non sarebbe più ecosostenibile di quella convenzionale, in quanto genera fino a 25 volte più CO2 equivalente per chilogrammo di carne, ma il dato citato nella nota proviene da uno studio del CLEAR center della University of California, Davis, finanziato proprio dall’industria della carne. Un altro punto paradossale presente nella nota è che la carne coltivata non prevederebbe standard di benessere animale più elevati rispetto alla carne tradizionale.
“La dichiarazione fa riferimento al siero fetale bovino, utilizzato in passato per coltivare le cellule — e nel frattempo superato da formulazioni a base vegetale — e omette il dato che nei macelli europei vengano uccisi 8,4 miliardi di animali ogni anno (escludendo i pesci)” fanno notare dal Cellular Agricolture Europe e dal Good Food Institute Europe.
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Fonti: EU Council/GFI
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