Poche informazioni, elevato rischio sanitario per gli abitanti nelle vicinanze della centrale di Fukushima. Dopo quasi un mese dal terremoto – tsunamiche ha devastato la regione nord orientale del Giappone, l'allarme nucleare cresce di ora in ora. A puntare il dito sulle conseguenze delle esplosioni che si sono verificate a Fukushima, nelle scorse ore si è fatta avanti la squadra di radioprotezione di Greenpeace operativa in Giappone. Secondo i tecnici dell'associazione ambientalista internazionale, la verdura prelevata a campione nel distretto di Minamisoma, situata a 25 km al nord del limite di evacuazione di Fukushima, ha rilevato livelli di radiazione nettamente superiori ai limiti imposti dalle normative di 500 becquerel per kg.
Poche informazioni, elevato rischio sanitario per gli abitanti nelle vicinanze della centrale di Fukushima. Dopo quasi un mese dal terremoto – tsunamiche ha devastato la regione nord orientale del Giappone, l’allarme nucleare cresce di ora in ora. A puntare il dito sulle conseguenze delle esplosioni che si sono verificate a Fukushima, nelle scorse ore si è fatta avanti la squadra di radioprotezione di Greenpeace operativa in Giappone. Secondo i tecnici dell’associazione ambientalista internazionale, la verdura prelevata a campione nel distretto di Minamisoma, situata a 25 km al nord del limite di evacuazione di Fukushima, ha rilevato livelli di radiazione nettamente superiori ai limiti imposti dalle normative di 500 becquerel per kg.
In particolare, sugli spinaci sono stati riscontrati valori di 70 – 80 mila Bq/Kg, e sui cavoli questi valori ammontano a 9 mila Bq/Kg.
Come conseguenza, osserva Rianne Teule, tecnico di Greenpeace responsabile delle attività operative sul posto, “Le verdure sono troppo contaminate per il consumo”. C’è di più, e questo mette in cattiva luce l’operato del Governo giapponese: “La proprietaria di un orto coltivato a spinaci, che sono anch’essi risultati contaminati, ci ha dichiarato di non avere ricevuto alcuna informazione dal Governo sui rischi derivanti dalle radiazioni. E questo nonostante i test sulle coltivazioni che i tecnici governativi stanno effettuando dallo scorso 18 marzo”.
Fatto ancora più grave, nel marasma dell’allarme nucleare, è l’elevata forbice fra le rilevazioni dichiarate dal Governo e quelle riscontrate da Greenpeace: finora, per Minamisoma, i dati sulla contaminazione ambientale, peraltro incompleti (si basano su una sola rilevazione) comunicati dai portavoce del Governo ammontano a 0,7 microSievert – ora (µSv/h); nettamente inferiori rispetto a quelle registrate dalla squadra di Greenpeace:fino a 4.5 µSv/h.
Di più: a Tsushima, un villaggio rurale situato a 30 km da Fukushima (dunque appena al di fuori dell’area di evacuazione volontaria), Greenpeace ha rilevato che lacontaminazione ambientale è di 47 µSv/h, anche qui superiore rispetto ai 32.7 µSv/h resi noti dalle autorità.
“La Tepco si dimostra irresponsabile – denuncia Katsunobu Sakurai, sindaco di Minamisona, indicando che la popolazione della cittadina è stata semplicemente invitata a restare in casa o a lasciare la città volontariamente – Sono trascorsi 11 giorni dall’incidente prima che qualcuno parlasse con noi: Tepco e Governo non sono assolutamente all’altezza della situazione. Chiediamo solo informazioni complete per quello che è successo, ma anche una risposta a qualsiasi tipo di rischio futuro”.
E pensare che oggi è la Giornata mondiale della Salute promossa dall’Onu. In queste ore, il Wwf si sta interrogando sulle conseguenze delle radiazioni rilasciate dai reattori danneggiati di Fukushima sugli ecosistemi e sulla salute umana.
Fra le conseguenze più gravi in un incidente come quello di Fukushima, indica il Wwf in una nota diffusa ieri, c’è la contaminazione di piante e animali che si trovano più in basso nella catena alimentare.
La questione, indicano i responsabili Sostenibilità di Wwf Italia, va vista sul bioaccumulo: certi metalli, come il cesio, tendono a bioaccumulare: se l’esposizione diretta si interrompe, gli animali che si trovano più in alto nella catena alimentare (animali di terra: capre, pecore, bovini, che mangiano vicino al suolo) tenderanno ad essere più colpiti,mentre quelli più in basso, con il tempo, saranno progressivamente più sicuri.
Le sostanze che più preoccupano per la catena alimentare sono lo iodio-131 e il cesio-137: le forme radioattive degli atomi che, in maniera normale, costituiscono il nostro cibo, il sangue e le ossa. Il cesio-137 viene assorbito a livello intestinale in maniera molto rapida, ed è fra le principali cause di tumore.
Riguardo alla contaminazione da iodio-131, rimarca il Wwf, la storia di Chernobyl si ripete: 25 anni fa, i prodotti della terra più colpiti erano stati spinaci e funghi. Oggi, in Giappone, il dito viene puntato sulle verdure a foglia (spinaci su tutti), asparagi, cavoli, pomodori, fragole, angurie e funghi. Ancora.
Tanto per fare un esempio, una nuova ricerca di Greenpeace, svolta nelle scorse settimane in Ucraina, ha rilevato – a un quarto di secolo da Chernobyl, che ha lasciato in eredità 18 mila km quadrati di terreni contaminati e 35 mila km quadrati di boschi anch’essi contaminati – elevati livelli di contaminazione radioattiva di cesio-137 in moltialimenti – base (latte e funghi), acquistati nei mercati locali oppure ottenuti dai contadini.
Piergiorgio Pescarolo