Fiori al posto dei pesticidi.
Fiori al posto dei pesticidi. Tramite gli insetti che essi attirano, i parassiti più pericolosi se la danno gambe. Ed è così che il fiordaliso o il coriandolo, ma anche l’aneto o il papavero, possono servire ad attrarre insetti che attaccano a loro volta gli afidi e i parassiti. È questa la base di sperimentazioni che vanno avanti già da qualche tempo e che stanno trovando nella scienza sempre più conferme per minimizzare l’impatto ambientale dell’agricoltura.
Se è vero come è vero che – come sostiene l’INRA francese (Institut national de la recherche agronomique, uno dei più importanti centri di ricerca sull’agricoltura del mondo), le aziende agricole che ricorrono all’uso di pochi pesticidi guadagnano una migliore produttività nei raccolti e una più alta redditività, sarà altrettanto vero che, affrontando una delle grandi sfide dei nostri giorni, possiamo sempre più garantire il nostro futuro approvvigionamento alimentare per una popolazione in crescita senza causare danni ambientali inaccettabili.
Già un’indagine francese nel 2017 aveva analizzato 946 aziende agricole sparse in tutta Francia diverse per clima e per produzione e per ognuna di esse aveva calcolato l’effetto che avrebbe un basso utilizzo di pesticidi su produttività (intesa come energia prodotta per ettaro da una coltura) e redditività. Dai risultati emerse che nel 38,8% dei casi diminuire i pesticidi (distinti in fungicidi, erbicidi e insetticidi) fa aumentare la produttività e che ci sono molte pratiche – come la rotazione delle colture o l’utilizzo di varietà meno attaccabili da insetti – utili a controllare i parassiti, che non comportano alcun danno né alla produttività né alla redditività delle aziende agricole.
Così come ancora un’altra ricerca – compiuta in Svizzera nel 2015 – ha evidenziato come l’uso di particolari fiori per attrarre insetti e per risparmiare sui fitofarmaci sia stato in grado di abbattere il 40% il numero delle larve di Oulema melanopus, un coleottero goloso di foglie di cereali. Di conseguenza anche i danni provocati alla coltura si sono ridotti rispetto ad altri campi in cui non erano stati piantati fiori.
Sulla base di queste analisi, in Inghilterra, per esempio, è attivo il programma ASSIST, un nuovo studio del Centre for Ecology and Hydrology che sta cercando di verificare se le fasce di fiori (margherite, trifoglio dei prati, fiordaliso scuro e carota) piantate non solo ai margini dei campi, ma anche in mezzo alle colture, possa ridurre la necessità di pesticidi migliorando il controllo dei parassiti naturali in tutto il campo.
“L’attuale serie di pesticidi convenzionali utilizzati dagli agricoltori e dai coltivatori è sotto crescente pressione a causa di una serie di fattori tra cui il ritiro dei prodotti, l’aumento della resistenza ai pesticidi, un minor numero di nuovi prodotti in fase di sviluppo e una legislazione più severa sull’approvazione dei pesticidi – spiega il professore Richard Pywell del Centre for Ecology and Hydrology e direttore del programma ASSIST. Io credo che sia importante riesaminare le opzioni alternative per l’uso sostenibile dei pesticidi per mantenere l’efficacia dei rimanenti prodotti fitosanitari senza alcun danno per l’ambiente”.
Esiste in agricoltura, spiegano i ricercatori inglesi, una vasta gamma di alternative come parassiti riproduttivi e varietà di colture resistenti alle malattie, sia attraverso la selezione convenzionale o la modifica genetica avanzata, sia tramite lo sviluppo di metodi sofisticati per diagnosticare e prevedere epidemie di parassiti e malattie. Tutti sistemi che potrebbero includere lo sviluppo di nuovi bio-pesticidi, mirati a particolari parassiti, ma anche i metodi tradizionali per lo stesso controllo dei parassiti, comprese le diverse rotazioni delle colture.
Le soluzioni alternative in Italia, il Crea
Il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – il Crea – per aumentare la biodiversità dell’ambiente agrario ed evitare soprattutto il proliferare di parassiti e infestanti, sta avanzando delle sperimentazioni con le “colture di servizio agroecologico (Csa)” non da reddito, che sono specie che spesso servono come sovescio, come la veccia o il favino, o mix con altre specie e famiglie, compresi i fiori spontanei.
“Facciamo l’esempio dei cavoli: un campo coltivato a brassicacee senza soluzione di continuità è un paradiso per un insetto. Non sorprende, infatti, che la cavolaia (il lepidottero Pieris brassicae ndr) sia un grosso problema per gli agricoltori – spiega Corrado Ciaccia, Ricercatore del Crea Agricoltura e ambiente. Ecco perché è importante introdurre degli elementi di discontinuità con piante-rifugio per specie utili che, altrimenti, non ci sarebbero, e non potrebbero rivaleggiare con gli insetti indesiderati”.
Si tratta, in pratica, di elementi che potrebbero favorire il passaggio di specie selvatiche nell’ambiente agrario, come la siepe, che al suo interno può ospitare anche piante da fiore, o le colture di servizio agroecologico (coriandolo, borraggine, alisso, facelia e grano saraceno).
Più un sistema agricolo somiglia a un sistema naturale, maggiore sarà la sua capacità di autoregolarsi, concludono gli studiosi.
Ed eliminare nel tempo erbicidi dannosi come il glifosato e spingere per un’agricoltura più sostenibile è uno dei modi che abbiamo per riprendere in mano le redini di un futuro più vivibile.
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Germana Carillo