“Eroi del cibo”: piccoli agricoltori che continuano a nutrire il mondo (e che ognuno di noi dovrebbe ringraziare)

Oggi è la Giornata mondiale dell'alimentazione e la Fao racconta chi sono i Food Heroes, ovvero gli eroi del cibo

Dietro il nostro cibo c’è sempre qualcuno che lo ha prodotto, piantato, raccolto, pescato o trasportato. Che ha fatto sacrifici. Oggi è la Giornata mondiale dell’alimentazione e la Fao racconta chi sono i Food Heroes, ovvero gli eroi del cibo che indipendentemente dalle circostanze, continuano a fornire cibo alle loro comunità e oltre, aiutando a crescere, nutrire e sostenere il nostro mondo.

Secondo la Fao, oltre 2 miliardi di persone non hanno accesso regolare a cibo sicuro, nutriente e sufficiente. Quasi 690 milioni di persone soffrono la fame, la pandemia potrebbe aggiungere tra 83-132 milioni di persone a questo numero, a seconda dello scenario di crescita economica. L’impatto della malnutrizione in tutte le sue forme – denutrizione, carenze di micronutrienti, sovrappeso e obesità – sull’economia globale è stimato a 3,5 trilioni di dollari all’anno.

eroi del cibo

@Fao

In questo scenario si inseriscono loro, gli eroi del cibo: uomini e donne che continuano a lottare per garantire l’accesso al cibo. C’è ad esempio, Aylin Yıldız che ha toccato con mano l’impatto del Covid-19 sull’agricoltura e sui sistemi alimentari. Aylin è una contadina nel villaggio di Dağkadı nel distretto di Karacabey, provincia di Bursa, in Turchia. È anche presidente della cooperativa di sviluppo agricolo femminile ed è responsabile del marchio delle colture e delle sementi locali.  Durante la pandemia, c’erano pochi lavoratori stagionali per gli uliveti e i giardini. Aylin ha risposto aumentando i salari.

“Non sprechiamo cibo. Soprattutto durante il periodo di raccolta e confezionamento, prendiamo precauzioni in modo da avere il minor spreco possibile”, dice.

Poi c’è Ritah Alfred nata vicino a Juba quando il Sud Sudan era ancora la regione meridionale del Sudan. Nel 1993, è sfuggita alla guerra civile. Oggi si occupa della supervisione dei fornitori e dei magazzini sfidando lo status quo di donna che lavora nella logistica, un campo che è stato ampiamente dominato dagli uomini.

Kakani Sivannarayana, invece, coltivava solo banane sul suo appezzamento di terra. Dare la priorità al raccolto più redditizio era l’unico modo in cui poteva permettersi l’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi. Ironia della sorte, tuttavia, questi costosi prodotti chimici stavano danneggiando la terra e impoverendo il suolo di nutrienti e diversità microbiologica, come batteri e funghi utili. Quando ha sentito parlare di agricoltura agroecologica dagli agricoltori vicini, ha creduto che valesse la pena di passare a un sistema di agricoltura più naturale e oggi è pioniere nel suo campo.

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Tra gli altri, anche lo chef Ali Ghzawi che in Giordania, lavora per insegnare alle persone più vulnerabili come alimentarsi in modo sano con prodotti locali e stagionali che riducono la pressione sulle risorse naturali.

Tra gli italiani c’è Maria Fermanelli, fondatrice di un panificio specializzato nella produzione di pane e altri prodotti senza glutine. La sua azienda è a Roma nel Monastero Benedettino di San Giovanni Battista. Il panificio fornisce fino a 1500 confezioni al giorno a farmacie e negozi specializzati in tutto il Paese. Lo staff è composto principalmente da dipendenti donne di diverse nazionalità. Il magazziniere è un ex rifugiato afghano.

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“I nostri collaboratori provengono da diverse tradizioni ma la nostra azienda rispecchia verità comuni, l’importanza del rispetto per il cibo, per una corretta alimentazione”.

Nonostante un anno difficile, Maria e il suo staff continuano a fornire prodotti che soddisfino i loro standard etici di nutrizione di alta qualità.

Al Centro agroalimentare di Roma, produttori, grossisti e distributori di prodotti agricoli freschi e pesce sono stati tra coloro che hanno continuato a lavorare dopo l’inizio della pandemia.
“La pandemia ha generato una crisi economica e sociale inimmaginabile”, affermano i membri del consorzio. “In poco tempo abbiamo dovuto cambiare le nostre abitudini, anche quelle che avevamo dato per scontate, come fare la spesa, uscire per una pizza o semplicemente fare una passeggiata”.

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Fonte: FAO

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