Tutto ha avuto inizio nel 1879 quando il botanico William J. Beal mise sottoterra 20 bottiglie con sabbia e 50 semi di specie differenti. Da allora, periodicamente, si monitora il loro stato
Sembra un vero e proprio miracolo e invece è semplicemente il potere della Natura. Dopo 144 anni, infatti, sono spuntati i germogli di Verbascum blattaria (una piantina infestante) dai semi conservati in un esperimento botanico plurisecolare avviato nel 1879 alla Michigan State University e destinato a proseguire almeno fino al 2100.
L’obiettivo del progetto, avviato dal botanico William J. Beal, era studiare la vitalità dei semi nel tempo per comprendere la persistenza delle piante infestanti nel terreno ed aiutare gli agricoltori alle prese con le erbacce, ovviamente in un’epoca in cui i diserbanti chimici non esistevano.
Il botanico aveva riempito 20 bottiglie con sabbia e 50 semi di 23 specie differenti. Poi le aveva seppellite nel suolo a testa in giù in modo che l’acqua non si raccogliesse all’interno. Inizialmente aveva previsto un’ispezione ogni cinque anni disseppellendo una bottiglia per verificare se fossero in grado ancora di germogliare.
Successivamente questo periodo venne esteso a intervalli più lunghi nel corso del tempo. Si passò a 10 anni nel 1920 e a 20 anni nel 1980. Il numero di semi germogliati via via si è andato ridotto, tranne che per un caso. Nel 2021, infatti, dalla quattordicesima bottiglia disseppellita, sono cresciute piantine di verbasco.
L’importanza di questo esperimento per il rispristino degli ecosistemi
Sorprendentemente, l’analisi genetica a cui i ricercatori dell’ateneo americano le hanno sottoposte per la prima volta ha rivelato che appartengono alla specie Verbascum blattaria e a un ibrido di Verbascum blattaria e Verbascum thapsus,
Come mai questa sorpresa? Perché inizialmente Beal aveva dichiarato di aver incluso solo i semi di Verbascum thapsus. Questo risultato inaspettato suggerisce quindi che ci sia stato un errore nella preparazione delle bottiglie.
L’esperimento, che come detto non finirà qui, potrebbe offrire utili informazioni sulla longevità delle banche dei semi, la conservazione delle specie rare e il ripristino degli ecosistemi. Non ci resta dunque che attendere tra 20 anni per capire a che punto saranno le piantine.
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Fonte: American Journal of Botany
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