Dalla Francia all’Italia, perché gli agricoltori di tutta Europa stanno protestando?

Anche in Italia come nel resto d’Europa assistiamo da qualche giorno a una mobilitazione degli operatori del comparto agricolo, ma perché stanno protestando? Alla radice del malcontento ci sarebbero le politiche agricole dell’Unione giudicate troppo restrittive, ma in realtà i motivi specifici vanno ben più nel profondo e cambiano di Paese in Paese, superando le “noie” del Green Deal europeo

A pochi mesi dalle elezioni europee, cresce la rabbia degli agricoltori. Dalla Francia all’Italia, passando per Germania, Paesi Bassi, Romania e Polonia, gli agricoltori stanno intensificando le loro azioni contro, in linea di massima, gli aumenti delle tasse e il Green Deal europeo. Il tutto in un contesto di grossa inflazione.

Un po’ dovunque in Europa, questi movimenti nascono dagli stessi fermenti: la scollatura tra ciò che pretendono gli agricoltori e le decisioni amministrative centralizzate, sia a Bruxelles che nelle diverse capitali europee.

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Le strategie del Green Deal sono additate come causa principale del disagio degli agricoltori espresso dalle manifestazioni con tanto di trattori nelle piazze, ma secondo le associazioni ambientaliste la crisi dell’agricoltura europea ha più che altro origine dalla dipendenza dalle fonti fossili e da un sistema agro-alimentare fallimentare che nei fatti sopravvive solo grazie ai sussidi dell’Unione europea.

Il Green Deal europeo? Non solo

Il motivo delle proteste che stanno interessando molti Paesi europei sarebbe da ricercarsi dunque nel Green Deal europeo, il pacchetto di misure volte a rendere più sostenibili e meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia e lo stile di vita dei cittadini europei e che vincola i paesi dell’Unione Europea a ridurre del 55% entro il 2030 le emissioni nette e ad azzerarle entro il 2050.

Misure che hanno senza dubbio un impatto non indifferente sulla vita degli agricoltori europei, che, per esempio, sono chiamati a riconvertire un quarto dei propri terreni coltivati ad agricoltura biologica entro il 2030, mentre è in discussione una misura per ridurre drasticamente l’uso di pesticidi.

Ma è tutto qui? Non proprio. A detta della Coalizione #CambiamoAgricoltura, Green Deal europeo, ma anche Strategia Farm to Fork e Strategia Biodiversità 2030 sono state di fatto sabotate dalle ultime decisioni delle Istituzioni europee:

  • il voto contrario del Parlamento europeo sul Regolamento SUR per la riduzione dell’uso dei pesticidi
  • l’eliminazione degli allevamenti bovini dalla normativa europea sulle emissioni industriali
  • la liberalizzazione dei nuovi OGM
  • l’indebolimento del Regolamento europeo sul ripristino della natura per le aree agricole
  • la decisione della Commissione Ue di rinnovare l’uso del glifosato per altri 10 anni

sono tutte decisioni che hanno ridotto quasi a zero gli obiettivi delle Strategie del Green Deal e che, piuttosto, rispondono all’azione di lobby delle corporazioni agricole e dell’agro-industria, a danno degli interessi pubblici dei cittadini europei, dell’ambiente e  della salute, a vantaggio degli interessi economici delle corporazioni agroindustriali che – ottenuto il ridimensionamento del Green Deal – vogliono  cancellare anche i deboli obiettivi ambientali della Politica Agricola Comune 2023-2027.

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Così, mentre in Germania la protesta degli agricoltori e autotrasportatori ha origine soprattutto dall’annunciata eliminazione delle agevolazioni per il gasolio, in Francia si protesta per le nuove tasse sui carburanti fossili e in Polonia contro l’importazione dei prodotti agricoli ucraini che mettono in difficoltà il comparto nazionale.

E in Italia? Qui nessuna organizzazione agricola ufficiale è scesa in piazza e questo la dice lunga sulla connivenza e la complicità delle associazioni di categoria maggioritarie verso un preciso sistema di politica agricola.

Dipendenza dalle risorse fossili, volatilità dei prezzi alla produzione e speculazioni finanziarie, sono le vere cause della crisi del settore primario in Europa. L’aumento dei costi di produzione, determinato soprattutto dall’aumento dei costi energetici e quindi del gasolio, dei fertilizzanti e dei pesticidi chimici di sintesi, ha penalizzato essenzialmente gli agricoltori, mentre l’agroindustria e la grande distribuzione sono riusciti a tutelare meglio i loro risultati economici. La situazione di crisi per gli agricoltori è stata aggravata anche dall’inflazione e dai provvedimenti assunti per contrastarla; confermando per gli agricoltori il ruolo di anello debole della filiera agroalimentare, concludono dalla Coalizione.

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