Crisi del grano: sempre più a rischio la produzione di pane e pasta (e i prezzi saliranno alle stelle)

Sono tempi difficili per il grano: a inizio del 2022 mancherà la materia prima per produrre pane e pasta, mentre i prezzi aumentano

Prepariamoci a una delle più grandi crisi di grano mai viste, addirittura peggiore di quelle sperimentate durante la guerra. Sono a rischio pane, pasta e tantissimi altri prodotti particolarmente amati nel nostro Paese a causa di un calo record a livello mondiale nella produzione del grano duro. E a confermare gli scenari negativi che attendono la filiera sono anche i pastai i italiani, che avvertono che la carenza record della materia prima si tradurrà inevitabilmente in forti aumenti di prezzo.

Tra marzo e maggio non avremo abbastanza grano per fare la pasta – mette in guardia Giuseppe Ferro, l’amministrato Delegato del gruppo La Molisana, terzo pastificio più importante d’Italia. Il cuore del problema è in Canada, che è di gran lunga il primo produttore al mondo di grano duro e che quest’anno ha prodotto 3,5 milioni di tonnellate anziché le solite 6,5. La nostra famiglia è nel settore da 110 anni e non abbiamo mai visto nulla del genere: nemmeno durante la guerra mancò così tanto grano.

Prezzi in aumento e corsa all’accaparramento del grano

E i primi effetti della crisi si iniziano già a vedere, a partire dall’aumento dei prezzi.

“So che Lidl ha già aumentato il prezzo della pasta di 10 centesimi  e mi aspetto che ben prima di Natale tutti prevedano aumenti tra i 15 e i 20 centesimi al pacco” aggiunge Ferro.

In autunno i costi di pane e pasta potranno aumentare addirittura di dodici volte, come fa notare Coldiretti in riferimento all’analisi di Assopanificatori sull’aumento dei prezzi in autunno, sottolineando che la produzione di grano in Italia ha subito un taglio stimato pari al 10% per il “clima pazzo”, nonostante l’aumento delle superfici coltivate.

Com’era prevedibile, la corsa all’accaparramento della preziosa materia prima, ma il problema principale è che il grano può essere stoccato anche fino a due anni, mentre la semola può essere conservata soltanto un mese.

Sulla crisi del grano è intervenuta qualche giorno fa anche Italmopa (Associazione Industriali Mugnai d’Italia), che aveva già previsto questo scenario negativo diverse settimane.

Già nello scorso mese di luglio la nostra associazione aveva, responsabilmente, anticipato il rischio di una ‘tempesta perfetta’ sul mercato del grano duro, alla luce, in particolare, delle significative flessioni produttive attese in alcuni Paesi produttori ed esportatori e al basso livello delle scorte internazionali di grano duro – sottolinea Silvio Grassi, presidente Italmopa – Le nostre previsioni sono state confermate da un andamento senza precedenti dei mercati che hanno registrato, in due mesi, incrementi delle quotazioni della materia prima superiori al 65%.

Gli impatti sull’intera filiera (e non solo)

I prezzi del frumento duro nazionale hanno infatti superato, su alcuni mercati, la cifra da capogiro di 500 euro a tonnellata rispetto ad una media di 250 euro a tonnellata nel corso degli ultimi cinque anni, mentre quelle del grano di importazione sfiorano ormai i 550 euro a tonnellata.

È importante sottolineare che il costo della materia prima rappresenta mediamente oltre l’80% dei costi totali di produzione di un’Azienda molitoria– precisa Grassi –È chiaro che variazioni delle condizioni di mercato di questa portata, unitamente all’incremento dei costi energetici e logistici, non potranno che avere un impatto sull’intera filiera e non solo sull’industria molitoria.

Insomma, sono tempi difficili per la produzione del grano e per tutta la filiera. E, a quanto pare, il peggio deve ancora arrivare e avrà conseguenze anche sulle tasche dei consumatori.

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Fonti: Italmopa/Coldiretti/Il Sole 24 Ore

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