Un nuovo studio scientifico rivela l'impatto dei terreni agricoli sulla distribuzione spaziale della concentrazione di polveri sottili (PM 2.5) in Lombardia. Sono dati da prendere in considerazione per ridurre i livelli di inquinamento regionali
L’uso di terreni agricoli per coltivazioni e allevamenti intensivi ha impatti allarmanti dal punto di vista delle polveri sottili (PM 2.5) e in Lombardia i picchi di inquinamento sono tali da poter essere paragonati a quelli di impianti industriali ed edilizia.
A rivelarlo un nuovo studio condotto dal Politecnico di Milano e pubblicato sulla rivista Chemosphere nell’ambito del progetto di ricerca D-DUST. Il lavoro è stato finanziato da Fondazione Cariplo.
Utilizzando dati satellitari e di modelli atmosferici del programma Copernicus per misurare la concentrazione del PM 2.5 e il database del sistema informativo agricolo sull’uso del suolo della Regione Lombardia, un team di scienziati ha elaborato le informazioni raccolte da maggio 2020 a dicembre 2021.
Oggetto di studio è stato l’intero territorio regionale, analizzato per mezzo del sistema di GEOAI. Tale sistema sfrutta l’intelligenza artificiale per interpretare le dinamiche spaziali a livello locale.
I risultati delle indagini hanno mostrato che, oltre agli allevamenti intensivi responsabili dell’aumento dei livelli di inquinamento da PM 2.5 attraverso emissioni di ammoniaca, anche i cereali come i campi di mais hanno effetti deleteri per l’ambiente.
La maggior parte del mais coltivato in Italia è destinato agli animali d’allevamento, alimentando un sistema insostenibile. Unica eccezione tra i cereali è il riso. L’impatto delle risaie risulterebbe trascurabile.
Considerando l’intero periodo, le industrie sembrano essere più rilevanti in termini di frequenza degli eventi di inquinamento, mentre le attività agricole hanno maggiori probabilità di generare i picchi più intensi” osservano i ricercatori nella pubblicazione.
Attualmente, l’attività agricola risulta meno studiata rispetto ad altre fonti di inquinamento “tradizionali”. È per questo che gli studiosi intendono gettare luce sul ruolo svolto dalle coltivazioni in Lombardia.
Grazie a questo nuovo approccio, sarà possibile in futuro generare evidenza rispetto alle concentrazioni di inquinante correlabili a specifiche attività agricole, come spandimenti e concimazioni” hanno dichiarato gli esperti in un comunicato stampa.
Il particolato PM 2.5, che identifica le particelle di diametro aerodinamico inferiore o uguale ai 2,5 µm, è tristemente noto per i rischi associati alla salute e a milioni di decessi ogni anno.
Malgrado i limiti fissati per legge, i dati provenienti dalle principali città italiane non sono rassicuranti. Se si vuole mitigare l’inquinamento, le politiche andrebbero rafforzate tenendo conto anche delle attività agricole. Questo è il messaggio lanciato dai ricercatori.
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Fonte: Chemosphere
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