Batteri al posto dei fertilizzanti a base di petrolio, la nuova frontiera dell’agricoltura

Un nuovo studio propone una alternativa ecologica per sostituire i fertilizzanti chimici nell'agricoltura con ceppi di batteri

L’uso smodato dei fertilizzanti chimici nell’agricoltura è una delle principali cause dell’inquinamento dei suoli destinati alle attività agricole e della loro acidificazione, così come delle falde acquifere e non per ultimo dell’atmosfera. Il loro impatto è talmente elevato che sempre più ricercatori stanno lavorando a delle alternative che possano sopperire a lungo andare questi prodotti chimici senza distruggere la nostra biodiversità. Tra queste un recente studio ha modificato in laboratorio dei ceppi mutanti di batteri che, legandosi alle radici delle piante di riso, sono in grado di fornire loro la giusta quantità di azoto di cui hanno bisogno.

Si tratta dei batteri Azotobacter vinelandii che, mediante un semplice editing genetico, possono essere adoperati come biofertilizzanti per trasferire l’azoto nella pianta e fissarlo in base alle sue esigenze, quanto cioè ciascuna coltura necessita e riesce ad assorbire, senza eccessi, a differenza di quanto avviene con i normali fertilizzanti chimici che vengono distribuiti nei campi smodatamente, riversandosi poi nei fiumi, negli oceani ed in tutto l’ecosistema.

I ceppi di Azotobacter vinelandii su cui i ricercatori hanno lavorato non sono però organismi geneticamente modificati proprio perché il team non è voluto incorrere in restrizioni di alcun tipo sul loro utilizzo nell’agricoltura.

La modifica che abbiamo fatto non porta alcun transgene nel genoma di questo batterio. L’abbiamo modificato usando geni indigeni”

ha spiegato il dottor Florence Mus, uno dei coautori del nuovo studio che è stato pubblicato sulla rivista scientifica della American Society for Microbiology.

Infatti questi batteri si trovano già in natura nella rizosfera, la porzione di suolo che circonda le radici di alcune colture – come ad esempio la soia – dove sono presenti tantissimi microorganismi che agiscono come fertilizzanti naturali e fissano l’azoto quando questo è presente nel suolo anche in minime percentuali. Se non rivelano la presenza dell’azoto nel terreno, i batteri possono invece fissare l’azoto gassoso per questo è importante che i ceppi di laboratorio possano agire sempre, in qualunque condizione. Questo è l’obiettivo che i ricercatori si sono posti.

Fonte: ASM Journal

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