Quando il fotovoltaico fa bene alle api: così l’agrivoltaico ha incrementato biodiversità e impollinatori

Come l'agrivoltaico di prima generazione può essere un alleato vitale per la biodiversità e gli impollinatori, contribuendo significativamente alla tutela dell'ambiente e alla sicurezza alimentare

C’è un mondo dove le tecnologie più avanzate si fondono con il ritmo delicato della natura, e questo mondo è più vicino di quanto pensiate: parliamo dell’agrivoltaico di prima generazione, un campo di ricerca ed innovazione che sta scrivendo una nuova pagina nella storia dell’equilibrio ambientale. Recentemente, uno studio svolto da eminenti ricercatori americani ha aperto gli occhi su una realtà straordinaria: questi impianti non sono solo compatibili con l’ambiente, ma ne sono fervidi custodi, soprattutto per le api.

Secondo lo studio effettuato dai ricercatori dell’Argonne National Laboratory e del National Renewable Energy Laboratory (NREL), appartenenti al Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, l’agrivoltaico apporta dei notevoli benefici alla biodiversità in modo simile alle aree protette.

Risultati sorprendenti

Durante i cinque anni di osservazione (2018-2022), i ricercatori hanno monitorato gli effetti dei pannelli solari di due impianti in Minnesota, gestiti dalla branca nordamericana di Enel Green Power. Hanno rilevato un incremento significativo nei parametri riguardanti l’habitat e la biodiversità. Questi impianti sono stati installati su terreni agricoli rinnovati attraverso la reintroduzione di piante autoctone. Questa pratica ha dimostrato di essere particolarmente efficace, soprattutto in confronto ai terreni meno degradati.

I risultati ottenuti sono notevoli: la quantità totale di insetti è triplicata, con un aumento significativo di coleotteri, mosche e falene, mentre il numero di api autoctone è cresciuto di venti volte. Questi impollinatori hanno intensificato le loro visite anche nelle aree vicine, coltivate a soia, con un tasso di frequenza paragonabile a quello registrato nei campi adiacenti alle aree protette. Inoltre, l’agrivoltaico ha favorito un incremento nella diversità delle specie vegetali autoctone e nella quantità di fiori, arricchendo così la varietà e le popolazioni di altri impollinatori e insetti, quali vespe, calabroni, sirfidi e altri.

Lee Walston, ecologo paesaggista e scienziato ambientale dell’Argonne e autore principale dello studio, sottolinea come l’agrivoltaico di prima generazione, se posizionato adeguatamente, può non solo compensare la perdita di aree naturali ma anche risolvere i conflitti sull’uso del territorio legati alla conversione dei terreni agricoli in siti per la produzione di energia solare.

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Fonte: Environmental Research Letters

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