Sono diminuite ma stanno diventando più tecnologiche, resilienti e soprattutto puntano sulla differenziazione anche per instaurare un rapporto diverso con il territorio. E le donne iniziano a ricoprire ruoli manageriali
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Le aziende agricole italiane attive a ottobre 2020 erano 1.133.023. Sono poche tutto sommato se si pensa che 20 anni fa erano 2,4 milioni. Solo negli ultimi 10 anni ne sono scomparse due su tre, in particolare al Sud (-33%) con picchi in negativo in Campania e nelle Isole (-32,4%). Sono i dati dell’Istat raccolti nel 7° Censimento generale dell’agricoltura a raccontare lo stato di salute di questo comparto produttivo. La pandemia e il cambiamento che è stato per così dire imposto hanno spinto alcune realtà, soprattutto quelle guidate da manager under 45, a diventare più moderne, a puntare su forme associate e a diversificare l’offerta. Accanto alla produzione di primizie le realtà agricole stanno vestendo nuovi panni per attirae un pubblico diverso, più vicino al turismo lento e al piacere di riscoprire i territori e le loro peculiarità.
Aziende familiari e donne manager
La gran parte delle compagnie agricole sono a conduzione familiare in prevalenza nel Mezzogiorno per il 41,1%. La condizione femminile sta cambiando: nel 2010 erano impiegate al 36,8% ma, nel 2020, si intravede un consolidamento nelle posizioni manageriali passando dal 30,7% al 31,5% in dieci anni. Un management giovane non è ancora molto diffuso ma, dove presente, è balzato agli occhi come questo comporti una gestione associata tra produttori per alcune filiere e lo sviluppo di una realtà 2.0. Se nel 2010 solo il 3,8% delle aziende usavano il computer e avevano una connessione a internet, 10 anni dopo la situazione è ben diversa con un più 15%. La digitalizzazione è mediamente triplicata con un’esplosione nelle aree del Sud e delle isole dovuta anche al Covid e alla diffusione dell’e-commerce. Di certo occorre considerare il fattore digital divide che colpisce maggiormente le realtà più al Sud che scontano l’assenza di strutture digitali stabili e diffuse.
Innovazione e diversificazione
Tra il 2018 e il 2020 circa l’11% delle aziende agricole ha affrontato almeno un investimento innovativo in settori strategici: la meccanizzazione, gli impianti, la semina, la lavorazione del suolo, l’irrigazione, fino all’hardware e ai software utilizzati. Ma c’è anche un altro aspetto che racconta come, per restare competitive, queste aziende si stanno trasformando seguendo i trend fino ad ora non contemplati. Sono sempre di più quelle che diversificano l’offerta, dedicandosi alla promozione di altre attività remunerative e connesse a quella principale reinventandosi come agriturismo (69,3%), dando spazio all’agricoltura sociale (71,5%) o alla fattoria didattica (76,6%). Altre invece si stanno dirigendo verso la produzione di energia rinnovabile (16,8%).
Fotovoltaico la nuova frontiera
L’attenzione all’ambiente, il cambiamenti climatici, il costo eccessivo dell’energia stanno lentamente rivoluzionando il ciclo produttivo. Le realtà agricole stanno accogliendo anche questo cambiamento come una risorsa. Molte infatti guardano con interesse al fotovoltaico per produrre e stoccare energia pulita. Il PNRR prevede un tesoretto di 1,5 miliardi di euro, provenienti dall’Investimento ‘Parco Agrisolare’ che è compreso nella Componente ‘Economia circolare e agricoltura sostenibile’ della Missione ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’. L’obiettivo è quello di ridurre i consumi del settore agroalimentare e di riqualificare le strutture produttive. I tetti di stalle e cascine potrebbero arrivare entro il 2026 a una potenza installata pari ad almeno 375.000 kW senza intaccare il terreno fertile.
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