5 coltivazioni antiche che resistono ai cambiamenti climatici e potrebbero sfamare il mondo

Per resistere agli effetti distruttivi del cambiamento climatico, l'agricoltura si sta adattando: 5 coltivazioni super robuste da scoprire per continuare a sfamare il mondo

Le condizioni climatiche estreme come siccità protratte e temperature sopra la media stanno mettendo a repentaglio la capacità che abbiamo di sopperire ai nostri bisogni alimentari, ma queste 5 piante potrebbero rivelarsi l’asso nella manica per evitare il peggio.

Le coltivazioni su cui facciamo più affidamento a livello globale sono riso, grano e mais, utilizzate per tantissimi scopi, primo fra i quali sfamare gli esseri umani. Tuttavia, coltivare in modo estensivo solo tre tipologie di colture ha portato a un impoverimento della biodiversità, oltre che a una maggiore esposizione a malattie e parassiti per queste piante. Se a questo uniamo il fatto che il loro fabbisogno di acqua è abbastanza elevato (si pensi al riso), diventa subito evidente come affidarci solo a queste piante sia controproducente.

Per questo, lo spirito di adattamento che ci contraddistingue ci ha spinto a ripensare le nostre opzioni per immaginarci un nuovo tipo di agricoltura che possa sopportare il cambiamento climatico e ridurne l’avanzamento.

Questa volta la chiave di volta per costruire un futuro più sostenibile viene dalla saggezza antica, con graminacee estremamente resistenti native del Sud America, dell’Africa dell’Ovest e del Sud. Scopriamo queste 5 varietà strabilianti.

Amaranto

L’amaranto è una pianta straordinaria per diversi motivi. Famosa per essere sopravvissuta fra gli agricoltori Aztechi, Inca e Maya nonostante i divieti dei colonizzatori, è in realtà diffusa anche in Africa e in tutta l’Asia.

L’amaranto è una pianta estremamente efficace perché è interamente commestibile. Sia i semi che le foglie e il gambo sono commestibili. Per questo, non sorprenderà sapere che è un ingrediente molto utilizzato in varie tradizioni culinarie. Può vantare ottimi valori nutrizionali, contenendo ferro, proteine e acidi fenolici.

La notizia più rincuorante? Questa pianta è estremamente resistente alla siccità, e quindi può aiutare a risparmiare acqua e in generale a sopportare meglio i periodi di secca che potrebbero intensificarsi nei prossimi anni.

Fonio

fonio

©Katrinshine/123rf

Il fonio è un tipo di grano molto antico originario dell’Africa dell’Ovest, in particolare Mali, Burkina Faso e Senegal. Il fonio è una pianta naturalmente senza glutine e con basso indice glicemico, quindi la sua farina si presta moltissimo per le diete iperglicemiche e per chi è intollerante al glutine.

Anche il Fonio come l’amaranto è estremamente resistente alle siccità sia perché ha bisogno di poca acqua sia perché le radici molto profonde aiutano il terreno a trattenere l’acqua, combattendo l’erosione del suolo. Il suo ultimo superpotere è essere in grado di fornire fino a tre raccolti l’anno, andando a sopperire anche ai problemi legati alle carestie. Leggi anche:  Fonio: questo è il grano antico più resistente alla siccità (ma non lo hai mai sentito nominare)

Fagioli dall’occhio

C’è forse un cibo più apprezzato dei legumi nella dieta vegana? Ciò nonostante, alcune varietà di fagioli potrebbero presto diventare molto difficili da coltivare – pensiamo ai borlotti – e quindi i coltivatori di tutto il mondo stanno sperimentando con altre varietà più resistenti.

Proprio in questo momento fa il suo ingresso in scena il fagiolo dall’occhio: questa pianta è in realtà molto antica ed è stata coltivata in Africa Occidentale per secoli. Ad oggi, purtroppo, viene apprezzato di meno, ma la Nigeria resta la nazione che ne produce di più al mondo.

Questa varietà di fagiolo è ottima per il futuro prossimo perché -come le due coltivazioni precedenti – è resistente alla siccità. Inoltre, ha il vantaggio di essere interamente commestibile: anche baccelli e foglie possono essere cotti e mangiati. I baccelli, in particolare, sono un’ottima fonte di proteine.

Taro

taro tubero

@Superheang168/Shutterstock

Dopo grano e fagioli, scopriamo invece un tubero che promette di diventare sempre più famoso in tutto il mondo. Stiamo parlando del Taro, un ortaggio meraviglioso originario del sud-est asiatico. Dalla buccia marroncina, la polpa all’interno è bianco latte costellata da puntini rossi.

Il Taro può essere cucinato esattamente come una patata (avendo un’alta percentuale di amidi) ma a differenza del suo cugino più famoso, il Taro ha dei valori nutritivi decisamente superiori:

  • fino a tre volte il quantitativo di fibre delle patate
  • basso indice glicemico
  • Vitamine E e B

Dulcis in fundo, non solo il tubero è commestibile, ma anche le grandi foglie che lo accompagnano, che spesso vengono stufate.

Kernza

La Kernza è l’unica “intrusa” di questa lista, perché non è propriamente una coltivazione antica che sta vedendo una nuova vita in questo periodo. La Kernza è stata selezionata appositamente per rispondere al clima ostile creato dal cambiamento climatico.

Questa coltivazione è simile al grano, ma ha proprietà molto differenti che la rendono unica: la Kernza è una coltivazione perenne, il che significa che non va ripiantata ogni anno come succede per il grano. Inoltre, proprio come i fagioli dall’occhio, le radici molto profonde della pianta riescono ad evitare l’erosione del suolo trattenendo più a lungo l’acqua.

Un altro contributo importante che danno alla lotta al cambiamento climatico è la loro capacità di assorbire e conservare la CO2 nel sottosuolo, così da evitare che si disperda nell’atmosfera.

L’unica nota dolente è che questa coltivazione è praticamente un brand, e che per adesso viene coltivata solo in alcuni stati degli USA. Ciò nonostante, da questi primi test sono emersi dati molto promettenti: non solo è molto nutriente, ma anche più agile da coltivare rispetto al grano.

La rivoluzione parte dall’agricoltura

Una nuova forma di agricoltura potrebbe essere la soluzione al complessissimo problema del cambiamento climatico, anche perché questo settore dell’industria è uno dei principali responsabili del cambio climatico e ripartire da qui significa lanciare un messaggio fortissimo oltre che tagliare molte emissioni e fattori di rischio letteralmente alla fonte.

La rivoluzione green potrebbe partire proprio…dal verde!

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