Adriatico bollente: due esperti ci raccontano perché il mare ha toccato i 30°C

L'Adriatico sta vivendo un'estate torrida con temperature superficiali da record. Questo fenomeno, combinato con la proliferazione delle mucillagini, sta alterando l'ecosistema marino

L’estate 2024 si sta rivelando troppo calda ma anche per gli abitanti del mare.

Se infatti Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea, ha da poco fatto sapere che il 21 luglio 2024 è stato il giorno più caldo della storia, è altrettanto vero che anche l’Adriatico ha raggiunto un (poco rassicurante) primato. Le sue acque superficiali hanno fatto registrare 30°C al largo di Ancona. È un valore che ci avvicina alle temperature dei mari tropicali e che è lontano alla media di fine luglio, calcolata negli ultimi trent’anni, di 26°C.

“L’Adriatico è un mare molto basso – racconta a GreenMe Antonello Pasini, fisico del clima e ricercatore del Cnr – Per questo, risente più di altri bacini delle escursioni termiche estate-inverno, riscaldandosi molto più velocemente rispetto a mari più profondi, come il Tirreno. È sicuramente un aspetto di cui dobbiamo tenere conto. Detto ciò, rimane il fatto che il riscaldamento dell’Adriatico è una manifestazione regionale del riscaldamento globale.”

Le conseguenze delle ondate di calore marino

L’innalzamento termico dell’Adriatico non è un evento isolato, ma si inserisce in un fenomeno più ampio e preoccupante: le ondate di calore marino. Si tratta di periodi prolungati nel tempo in cui la temperatura del mare si mantiene sopra la media del periodo e ha delle dirette conseguente: una tra tutte, il ritorno della mucillagine. “Non si vedeva dagli anni ’70-’80 – racconta Pasini – La sua ricomparsa è dovuta anche alle neviche tardive che scaricano nel fiume Po, e quindi nell’Adriatico, molti nutrienti. Un’altra ripercussione del riscaldamento del mare è la sofferenza della biosfera marittima: alcuni pesci presentano un range di vivibilità più basso quando si ritrovano ad affrontare temperature così alte”.

Ma c’è anche problema meteo-climatico: “Un mare caldo evapora di più, rilascia una grande quantità di vapore acqueo in atmosfera che aumenta l’umidità. Nel momento in cui arrivano in atmosfera correnti più fredde, queste attivano un contrasto termico molto forte con l’aria calda e umida presente, dando vita a precipitazioni violente”, continua Pasini.

Francesca Santoro, oceanografa e responsabile delle attività di educazione all’oceano per la Commissione Oceanografica Intergovernativa (IOC) dell’Unesco, sottolinea a GreenMe: “Purtroppo questo aumento termico è un trend assolutamente in linea con i dati globali. La temperatura dell’oceano è aumentata di un grado e mezzo negli ultimi decenni e da circa 3 anni osserviamo queste ondate di calore marino nel Mediterraneo. Gli impatti sugli ecosistemi marini sono devastanti, come il proliferare di specie aliene ma anche di algalii, che portano al consumo di ossigeno e alle cosiddette zone morte (dead zone).”

Un futuro incerto per la biodiversità marina

Le ondate di calore marino e le mucillagini alterano profondamente l’ecosistema marino, mettendo a rischio la sopravvivenza delle specie autoctone. Alcune specie sono già scomparse dall’Adriatico, mentre altre sono state sostituite da specie più resistenti al caldo.

Cosa possiamo fare?

La situazione è critica, ma non dobbiamo darci per vinti. Come sottolinea Francesca Santoro, “possiamo monitorare e possiamo lavorare sul restauro degli ecosistemi.”

Proprio per questo, è fondamentale investire nella ricerca scientifica per comprendere meglio gli effetti del cambiamento climatico sul mare e sviluppare strategie di adattamento e mitigazione. Ma soprattutto, “è necessario agire a livello globale per ridurre le emissioni di gas serra e limitare l’aumento delle temperature. Solo così potremo sperare di salvare anche il nostro amato Adriatico e la sua preziosa biodiversità”, spiega Antonello Pasini.

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