Adamello, laghetti e rocce spuntano dove c’era il più grande ghiacciaio alpino (oggi dimezzato)

Codice rosso per il Mandrone, che appare ricoperto da rocce e laghetti a causa della sua fusione che galoppa a ritmi velocissimi. Così stiamo perdendo il ghiacciaio più vasto delle Alpi...

Dove prima dominava il bianco candido del ghiaccio adesso prevale il grigio delle rocce, con vari crepacci: il ghiacciao più grande delle Alpi sta cambiando volto in modo sempre più repentino, sparendo sotto i nostri occhi. Le ondate di calore di quest’estate si sono rivelate deleterie per la sua “salute”. Neanche a settembre è arrivata la tregua, anzi: risale a un paio di giorni fa il record dello zero termico a quota 5253 metri; quello registrato alle 2 di notte da Payerne, in Svizzera, è il secondo valore più alto degli ultimi 70 anni.

E le conseguenze del riscaldamento globale si stanno facendo sentire, come mostrano le desolanti foto del ghiacciaio Mandrone, sull’Adamello, scattate nel corso della campagna Carovana dei ghiacciai di Legambiente.

Oltre a formarsi dei crepacci, sono riaffiorate le rocce e si sono orginati dei laghetti. Tutti sintomi dell’agonia che sta vivendo il ghiacciaio, situato in Alta Val Camonica, a cavallo tra Lombardia e Trentino-Alto Adige.

La fusione estiva probabilmente accelerata dalle giornate calde delle settimane scorse ha messo in luce nella zona frontale i primi affioramenti rocciosi nella zona del primo cambio di pendenza e dei crepacci. – spiega la Commissione Glaciologica SAT che di recente ha effettuato dei sopralluoghi – Nella parte frontale sono invece molto evidenti i crolli circolari che hanno subito in poco tempo un importante aumento di dimensione.

In più punti anche retrostanti la fronte, è visibile la roccia basale, spesso su questa roccia sono presenti scorrimenti di acqua di fusione. L’emersione di elementi rocciosi nella parte interna del ghiacciaio se da un lato è dimostrazione della evidente perdita di spessore, dall’altra è allo stesso tempo un fenomeno che accelera la fusione del ghiaccio circostante l’emersione rocciosa. La roccia infatti ha solitamente un colore più scuro del ghiacciai, assorbe quindi più radiazione solare durante il giorno restituendola sotto forma di calore durante la notte. Lo stesso effetto di fusione è causato anche dall’acqua presente nei crolli circolari, la temperatura dell’acqua di poco superiore allo 0° C rilascia calore al ghiaccio circostante contribuendo ancora una volta all’aumento della velocità di fusione.

Dal 2015 persa un’estensione di ghiaccio pari a 70 campi di calcio

Mentre la crisi climatica continua a galoppare e il raggiungimento dello zero termico ad alta quota diventa la normalità, i maestosi ghiacciai alpini si trasformano, diventando irriconoscibili.

Insieme a quello della Marmolada e ai ghiacciai del Dosdè, il Mandrone è uno di quelli che sta soffrendo maggiormente, come confermato dalla tradizionale spedizione di Legambiente: dal 2015 ad oggi ha perso ben 50 ettari di superficie di ghiaccio, pari a 70 campi da calcio. Nel corso degli ultimi 12 anni ha registrato un un arretramento frontale di 330 metri, di cui ben 139 metri soltanto nel 2022.

Le immagini in time-lapse pubblicate dal Servizio Glaciologico Lombardo, che mostrano la velocissima scomparsa del ghiaccio nell’arco di un paio di anni, ci mettono di fronte a uno scenario drammatico:

Ormai si fanno sempre più concreta la previsione degli esperti, secondo i quali il ghiacciaio più esteso delle Alpi sparirà entro la fine del secolo.

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Fonti: Commissione Glaciologica SAT/Legambiente Alpi 

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