Le acque reflue sono state trattate in maniera errate e in certi casi illecitamente, perciò la Corte di giustizia europea condanna l'Italia.
Le acque reflue sono state trattate in maniera errate e in certi casi illecitamente, perciò la Corte di giustizia europea condanna l’Italia. È già la terza volta e per lo stesso tipo di problema già siamo stati sanzionati
“Ha violato le norme Ue sulla raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue urbane di centinaia di aree sensibili dal punto di vista ambientale”: questo il motivo per cui l’Europa bacchetta (e condanna) il nostro Paese. Questa è la terza condanna quanto a mancata depurazione e un’altra procedura è in fase di istruttoria.
La sentenza deriva da un deferimento della Commissione europea che nel 2014 aveva aperto una procedura di infrazione contro l’Italia. In particolare, la Corte ha riconosciuto legittime le contestazioni su fogne e depuratori su circa 600 aree (tra questi ci sono 159 Comuni italiani che ancora oggi non hanno reti fognarie per le acque reflue urbane) e il mancato rispetto delle percentuali minime di riduzione del carico complessivo di fosforo e azoto.
Trattandosi della prima condanna per inadempimento su questo dossier, la sentenza non prevede né multe né altre sanzioni. L’Italia però nel 2018 era già stata condannata a pagare su una procedura d’infrazione aperta nel 2004 e sta ancora pagando per lo stesso tipo di violazioni, ma su un diverso gruppo di centri urbani e aree. Si tratta di 25 milioni di multa cui va ad aggiungersi una penalità 30 milioni che continuerà a scattare ogni sei mesi fino a quando le autorità nazionali non riusciranno a dimostrare di aver risolto il problema ed aver ristabilito una situazione di conformità con quanto previsto dalle disposizioni europee.
L’ultima condanna riguarda diverse violazioni della direttiva dell’Unione europea sulle acque reflue (91/27/Cee). Secondo la la Corte, il nostro Paese non ha preso le disposizioni necessarie per garantire che siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane 159 agglomerati e non ha assicurato che siano sottoposte al trattamento appropriato le acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie in altri 461 agglomerati.
La sentenza precisa che in altri 8 centri urbani (Matera e Rionero in Vulture in Basilicata, Trieste-Muggia in Friuli Venezia Giulia, Anagni nel Lazio, Pesaro e Urbino nelle Marche, Dolianova in Sardegna e Venezia in Veneto), le acque reflue non subiscono prima dello scarico il filtraggio utile dopo il trattamento secondario. In più, in alcune aree sensibili del bacino drenante nel Delta del Po e nell’Adriatico, del lago di Varese, del lago di Como e del bacino drenante Golfo di Castellammare, in Sicilia, lo Stato non avrebbe garantito che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso in tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane sia pari almeno al 75% per il fosforo totale e almeno al 75% per l’azoto totale.
Infine, in oltre 600 agglomerati, l’Italia, non ha messo in atto le misure per la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali, e tenendo conto delle variazioni stagionali di carico.
Peggio che mai.
Fonte: Corte europea
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