Il Ministero della Salute ha pubblicato il rapporto Acque di balneazione 2009 che promuove il 96% delle spiagge italiane.
Siamo lo Stato europeo con il maggior numero di spiagge e ben il 96% di esse sono balneabili. A decretarlo il Ministero della salute che ha pubblicato sul suo sito il rapporto “Acque di balneazione 2009“.
Come già emerso nel Rapporto annuale della Commissione europea, nonostante i criteri maggiormente restrittivi che da oltre venti anni vengono applicati nel nostro Paese, ben il 91,43 % dei siti di balneazione è conforme ai valori guida stabiliti dalla UE, contro la media europea dell’88,6%. In pratica l’Italia con 4.917 siti di balneazione su 14.551 di tutti i paesi europei, rappresenta il 33,8% delle coste balneabili di tutto il vecchio continente.Questo nonostante nella nostra penisola vengano esercitati un numero di controlli per chilometri di costa superiore a quelo di tutti gli altri Paesi europei.
A differenza del resto dei membri dell’Unione europea, l’Italia ha scelto di fare una mappatura di tutte le sue coste, comprensiva anche delle spiagge presso i centri abitati, dei siti industriali, delle foci di fiumi e degli scarichi dei depuratori. Un monitoraggio capillare, il più lungo anche in termini temporali – sei mesi all’anno – che comunque premia le coste italiane. Dei 7375 chilometri di costa, infatti, ben 4969 chilometri di sono balneabili, pari, appunto, ad una percentuale del 96 %. I restanti 2200 chilometri non sono considerati balneabili proprio perché porti o foci di fiumi oppure, semplicemente, non accessibili al monitoraggio.
L’Italia, inoltre, a differenza degli altri Stati europei, vieta la balneazione nelle zone inquinate, consentendone la riapertura solo se correttamente risanate e solo nel caso in cui vengano ristabiliti i parametri a norma nelle analisi delle acque.
In generale, l’inquinamento, spiega il rapporto, è, per la maggior parte, dovuto ad inquinanti biologici come i coliformi – sia totali che fecali – gli streptococchi e le salmonelle che rappresentano l’84% delle interdizioni alla balneazione. Il resto è per lo più imputabile ad inquinamento chimico e fisico.
Il rapporto evidenzia però, come negli ultimi 18 anni si sia passati, nel Belpaese, dall’81,3% del 1990 al 91,9% del 2008 in termini di conformità ai valori guida obbligatori sanciti dall’Unione europea. I dati del dossier fotografano la situazione delle acque marine del 2008 ed è per questo che non si esclude la possibilità “che alcuni siti balneabili si possano inquinare durante la stagione balneare in corso per inquinamento antropico provocato dall’avvento dell’onda turistica estiva, o viceversa che siti vietati alla balneazione lo scorso anno vengano riaperti a seguito di risanamento e analisi favorevoli“.
Ma niente paura, perché sul sito del ministero sono presenti i risultati aggiornati e le Ordinanze comunali che, di volta in volta, vietano la balneazione a seguito di nuovi controlli e di risultati del monitoraggio effettuato dalle Agenzie regionali per l’Ambiente.
Nel Lazio il 92,8% del litorale è risultato in regola: dei 288 siti controllati dal rapporto (pari a 361,5 chilometri di costa), 267,3 sono risultati balneabili. Si è distinta, in particolar modo Latina dove la percentuale positiva delle coste si attesta al 96,6%, mentre nella costa romana, la meno balneabile della regione, sono risultati inquinati ben 12,7 chilometri di costa, con una media – al di sotto di quella nazionale e delle altre provincie del Lazio – pari all’86,4%.
Per vedere tutti i dati nel dettaglio, è possibile consultare la tabella nel sito del dicastero.