Un nuovo studio australiano ha rivelato l'odissea intrapresa dai pesticidi dopo la loro applicazione, e le sue pesanti conseguenze ambientali
Ogni anno circa tre milioni di tonnellate di pesticidi agricoli vengono distribuiti sui campi di tutto il mondo, ma dove vanno a finire queste sostanze chimiche e, soprattutto, qual è il loro impatto sull’ambiente?
Se lo sono chiesti i ricercatori dell’Università di Sidney, in Australia, che hanno analizzato la distribuzione geografica di 92 fra i pesticidi più diffusi al mondo.
La scoperta è stata molto amara: circa 70.000 tonnellate di sostanze chimiche potenzialmente dannose per la specie umana e per l’ambiente penetrano ogni anno nelle falde acquifere, con un impatto devastante sugli ecosistemi di acqua dolce e sulle fonti idriche che noi stessi utilizziamo.
Il nostro studio ha rivelato che i pesticidi si allontanano molto dalla loro fonte originale – ha spiegato il professor Maggi, autore della ricerca. – In molti casi queste sostanze chimiche finiscono molto a valle e spesso, anche se in quantità molto minori, fino nell’oceano.
Lo studio
I pesticidi non mantengono la loro struttura originaria, una volta dispersi nell’ambiente: la maggior parte di essi (circa l’80%) si scompone e di degrada in molecole figlie – o sottoprodotti – a contatto con il terreno che circonda le colture.
Sono proprio questi prodotti, esito della degradazione, a persistere nell’ambiente per lungo tempo. Un esempio di questo è il glifosato: si tratta di una sostanza chimica altamente degradabile ma che si scompone in una molecola nota come AMPA, tossica e altamente persistente nell’ambiente.
Lo studio ha dimostrato che 730 tonnellate di pesticidi (o sottoprodotti) penetrano nelle acque dei fiumi ogni anno: ciò si traduce in circa 13.000 chilometri di fiumi che raggiungono concentrazioni chimiche superiori ai limiti di sicurezza, minacciando la sopravvivenza di piante e animali acquatici.
La stima fatta dai ricercatori, per quanto alta, potrebbe essere non rispecchiare la realtà: non tutti i pesticidi utilizzati nel mondo sono stati compresi nell’indagine, che non ha incluso neppure quelli utilizzati in acquacoltura, abitazioni private e spazi pubblici
Questo significa che l’esposizione al rischio degli ecosistemi e delle persone a queste sostanze chimiche potrebbe essere molto maggiore di quello immaginato.
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Fonti: Nature / University of Sidney
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