La raccolta della nebbia è diventata un’innovazione sempre più popolare, consentendo alle popolazioni di accedere alle risorse idriche nelle aree in cui il cambiamento climatico ha aggravato la siccità e dove l’offerta pubblica è decisamente carente (e corrotta)
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La siccità in Kenya è qualcosa di cui, probabilmente, non abbiamo ancora vera coscienza. Solo l’anno scorso, il 2022, si è attestato come il peggior anno di sempre per via della più devastante delle siccità mai verificatesi nel giro di 40 anni.
Un orribile e mortifero destino che spetta sia agli uomini che agli animali, ovviamente, inginocchiati dalla letale mancanza d’acqua e dall’indifferenza del mondo.
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Che fare? Con milioni di kenioti che non hanno un accesso adeguato all’acqua, un numero crescente di persone si arrabatta, letteralemente, e ha preso a servirsi di vere e proprie innovazioni ingegneristiche a basso costo, come la raccolta della nebbia.
Non solo siccità: perché manca l’acqua in Kenya
A peggiorare l’accesso di molti keniani all’acqua è stata la sua privatizzazione e non solo: in molti imputano questa disumana condizione anche alla cattiva governance e alla corruzione, sostenendo che le posizioni di leadership nelle agenzie governative che gestiscono l’acqua vengono assegnate sulla base della lealtà politica piuttosto che dell’attitudine.
La corruzione nel settore idrico è notevole ed è per questo che vi è una cattiva gestione e una disparità di accesso ai servizi tra i keniani, denuncia Malesi Shivanji, direttore esecutivo del Kenya Water and Sanitation Civil Society Network. L’acqua sta diventando un lusso per i poveri.
Secondo un rapporto dell’organizzazione di Shivanji, viene investito molto poco nella fornitura dei servizi e la maggior parte delle entrate va alle spese amministrative. Il ministero dell’Acqua, dei servizi igienico-sanitari e dell’irrigazione del Kenya riconoscerebbe i problemi che il Paese deve affrontare, ma afferma che intende risolverli espandendo le infrastrutture idriche, investendo in 100 mega-dighe e 1.000 piccole dighe entro il 2026.
I problemi che abbiamo nel settore idrico sono l’eredità di un sistema corrotto che rifiuta di scomparire, afferma Andrew Kinyua, funzionario del ministero. Ma stiamo lavorando con altri partner per vedere cosa si può fare per rimettere in funzione il settore.
Staremo a vedere.
La raccolta della nebbia
Mi sento come se vivessi in quei giorni di caccia e raccolta, racconta Beatrice Kananu, 32 anni, madre di tre figli, a El País. Alla fine della giornata riesco ad avere acqua per cucinare, lavarmi e bere.
Ma cosa fa? Si sveglia ogni mattina con lo spirito di una cacciatrice-raccoglitrice, afferra i suoi strumenti – fogli di polietilene recuperati dai bidoni della spazzatura – e lascia la sua casa nel villaggio di Mutuati, vicino alle colline Nyambene, nel Kenya centrale. Cammina e raggiunge la foresta, dove raccoglierà letteralmente l’acqua. Avvolge il polietilene attorno ai tronchi di cinque alberi, aggiusta i teli con precisione esperta e posiziona dei contenitori sotto di essi. Il processo può richiedere un paio d’ore, ma al ritorno a fine giornata i contenitori possono contenere fino a 100 litri d’acqua.
Beatrice Kananu prende l’acqua in questo modo da quando un parente di un villaggio vicino le ha insegnato come farlo due anni fa. Il metodo consiste nel raccogliere, attraverso la condensazione, l’umidità contenuta nella nebbia che, soprattutto in primavera e autunno, fluttua fitta tra le colline del Kenya centrale. Così, durante queste stagioni, la donna riesce a raccogliere abbastanza acqua per l’uso quotidiano della sua famiglia e per le sue due mucche e le sue galline.
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Nelle regioni centrali del Kenya è anche più comune raccogliere la nebbia utilizzando gli alberi. Nel sud-est più secco, alcune comunità stendono teli di polietilene sul terreno durante la notte e al mattino raccolgono la rugiada dal vapore che si condensa nell’atmosfera. In alcune aree intorno alla capitale, Nairobi, i pastori Masai utilizzano reti di polietilene appositamente progettate per intrappolare l’umidità per dissetare il loro bestiame durante periodi di siccità:
Si tratta di una semplice innovazione per sfruttare il vapore acqueo presente nell’atmosfera, che si trasforma in goccioline liquide quando entra in contatto con la superficie fredda della rete di polietilene, spiega Bancy Mati, ricercatore della Jomo Kenyatta University.
L’acqua, il Perù e le sorelle andine
Il metodo assume varie forme in tutto il mondo, dal Sudafrica al Marocco, dall’India al Perù. Qui in particolare, cinque sorelle ingegnere agronome peruviane intrecciano tecnologia a basso costo con conoscenze e tecniche ancestrali per lo sviluppo della loro comunità e per un migliore adattamento ai cambiamenti climatici.
L’aumento delle temperature sta mettendo a dura prova anche i ghiacciai andini, che negli ultimi decenni hanno perso massa ed estensione, diminuendo di quasi un metro l’anno dal 2000. Solo in Perù, tra il 2000 e il 2016, i ghiacciai hanno perso drasticamente quasi il 30% della loro superficie.
Non solo, il cambiamento climatico sta causando anche sempre minori precipitazioni nelle Ande peruviane, quasi dimezzandole. Ad essere più duramente colpiti sono la flora, la fauna e i popoli come i quechua, che hanno solo queste risorse come fonte d’acqua.
Per far fronte alla situazione, le sorelle Machaca della comunità indigena Quispillacta, ubicata a 3190 m.s.l.m. nella regione peruviana di Ayacucho, hanno iniziato una vera rivoluzione idrica nel massimo rispetto della natura: con aiuto di piante ed elementi locali naturali raccolgono l’acqua della pioggia per creare delle lagune.
Leggete qui la loro storia: Queste sorelle ingegnere peruviane “accudiscono” l’acqua, facendo rivivere antiche e sacre tecniche andine, cui abbiamo dedicato anche un podcast.
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Fonti: El País / Anew
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