Un nuovo studio ha scoperto che i Pfas presenti nell'acqua degli oceani si diffondono nell'aria tramite gli aerosol marini, arricchendosi fino a 100.000 volte rispetto alla concentrazione presente nell'acqua di mare. Questa scoperta spiega la presenza di Pfas anche in zone incontaminate
Una nuova ricerca, condotta dall’Università di Stoccolma, ha scoperto un dettaglio molto importante che riguarda i Pfas, le ormai note sostanze inquinanti altamente persistenti nell’ambiente, anche marino. Non si tratta stavolta di cibi, oggetti o luoghi in cui si trovano ma piuttosto di come vengono trasportati dall’acqua all’aria e di conseguenza riescono a finire anche in zone incontaminate.
Lo studio, recentemente pubblicato su Science Advances, si è concentrato in particolare sugli acidi perfluoroalchilici, o PFAA, un sottogruppo di Pfas di cui fanno parte Pfoa e Pfos. Si tratta di sostanze inquinanti che provengono dall’attività umana e che persistono a lungo nell’ambiente marino.
Studi precedenti avevano già mostrato che questi PFAA presenti nell’acqua di mare possono finire nell’aria sotto forma di piccole particelle chiamate aerosol marini, o SSA. Queste particelle sospese nell’aria si formano quando le onde oceaniche si frantumano e spruzzano acqua marina nell’atmosfera. Questo processo è comune nelle aree costiere e negli oceani e può essere influenzato da vari fattori, come la forza del vento, la temperatura dell’acqua e la presenza di sostanze chimiche disciolte nell’acqua.
In questo nuovo studio, gli esperti hanno condotto esperimenti direttamente in mare lungo un percorso nell’Oceano Atlantico per vedere quanto i PFAA si accumulassero negli aerosol marini.
Come scrivono, i risultati sono stati sorprendenti: in alcuni casi, i PFAA erano oltre 100.000 volte più concentrati negli SSA rispetto all’acqua di mare.
In pratica, lo studio mostra come i Pfas presenti nell’acqua marina vengano poi reimessi nell’aria attraverso le onde oceaniche. Tra l’altro, i livelli di riemissione dovuti alla risacca oceanica possono essere paragonabili o addirittura superiori a quelli provenienti da altre fonti, come le emissioni industriali.
Come si legge nello studio:
Mostriamo che in alcuni casi i PFAA sono stati arricchiti più di 100.000 volte nella SSA rispetto alle concentrazioni di acqua di mare. Sulla base dei risultati degli esperimenti sul campo, stimiamo che l’emissione secondaria di alcuni PFAA dagli oceani globali tramite l’emissione di SSA sia paragonabile o superiore alle stime per le altre fonti globali conosciute di PFAA nell’atmosfera derivanti dalle emissioni di produzione e la degradazione dei precursori chimici.
Questa scoperta potrebbe spiegare come mai i Pfas siano presenti anche in luoghi apparentemente incontaminati da produzioni industriali. E i dati suggeriscono che proprio la rimobilizzazione di Pfoa e Pfos, due sostanze perfluoroalchiliche considerate potenzialmente cancerogene e vietate nell’Unione Europea, contribuisce in modo significativo ai Pfas presenti nell’atmosfera.
Una scoperta importante che potrebbe essere utile nella gestione e nella prevenzione dell’inquinamento da Pfas.
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Fonte: Science Advances
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