Una soluzione innovativa per la crisi idrica mondiale: ricercatori della University of California San Diego hanno sviluppato un materiale biocomposito stampato in 3D per depurare e rendere potabile anche l'acqua più inquinata
Immaginate un mondo in cui oltre due miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile. Questa è la realtà attuale, come rivelato da un rapporto OMS-UNICEF. Il problema è ancora più grave per i 400 milioni che si affidano a fonti d’acqua non sicure, come stagni o fiumi, rischiando malattie legate all’acqua. È chiaro, quindi, l’importanza cruciale di trovare soluzioni più pratiche e potenti per purificare l’acqua, in linea con l’obiettivo dell’ONU di garantire acqua potabile per tutti.
Da questa necessità nasce una scoperta straordinaria: gli scienziati dell’Università della California di San Diego hanno creato qualcosa di unico. Si tratta di un materiale innovativo, stampato in 3D, che può depurare l’acqua dai contaminanti. Debika Datta, esperta del Dipartimento di nanoingegneria, ha spiegato che questa invenzione potrebbe cambiare il modo in cui trattiamo l’acqua potabile. A differenza dei materiali tradizionali, questo nuovo composto reagisce attivamente a stimoli esterni.
Il connubio tra biologia e tecnologia
L’essenza di questa invenzione sta nell’unire la biologia con la tecnologia. I ricercatori hanno mescolato materiali polimerici con cianobatteri per creare un composto in grado di rispondere agli stimoli chimici. Grazie alla stampa 3D, hanno sviluppato un biocomposito che, stimolato chimicamente, mostra diverse funzioni utili.
Inserendo un particolare riboswitch (corto filamento di RNA) in un cianobatterio, sono riusciti a far produrre a questi organismi un enzima speciale, capace di neutralizzare vari inquinanti, come spiegato da Jon Pokorski, professore di nanoingegneria presso l’UC San Diego che ha co-diretto la ricerca:
L’aspetto innovativo è l’accoppiamento di un materiale polimerico con un sistema biologico per creare un materiale vivente che può funzionare e rispondere agli stimoli in modi che i normali materiali sintetici non possono fare.
Il materiale vivente può agire sull’inquinante di interesse, quindi una piccola molecola può essere aggiunta successivamente per uccidere i batteri. In questo modo, possiamo alleviare qualsiasi preoccupazione relativa alla presenza di batteri geneticamente modificati persistenti nell’ambiente.
Questo approccio non solo affronta la purificazione dell’acqua ma mira anche alla sostenibilità. Il materiale è progettato per auto-eliminarsi con l’aiuto della teofillina, riducendo i rischi ambientali dopo l’uso. In fase di sviluppo, la scelta di una struttura a griglia si è rivelata la più efficace, ottimizzando l’esposizione dei cianobatteri alla luce e ai nutrienti essenziali.
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Fonte: Nature – University of California San Diego
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