Salute, scuola, agricoltura: la siccità senza precedenti che ha colpito l'isola francese nell'Oceano Indiano sta avendo ripercussioni che esasperano la popolazione. Le restrizioni saranno ancora più severe nelle prossime settimane, con uno scenario pianificato di distribuzione dell’acqua un giorno su quattro
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Una crisi idrica dalle dimensioni gigantesche, di cui pochi o nessuno è a conoscenza: qui, nell’isola di Mayotte, nell’Oceano Indiano, tra Mozambico e Madagascar (nota ai più probabilmente per il suo mare cristallino e le spiagge infinite e bianchissime), da fine agosto l’acqua potabile è resa accessibile solo al massimo un giorno su tre, per preservare le risorse idriche prima della prossima stagione delle piogge che non arriverà prima di novembre.
La causa? La terribile mancanza d’acqua. Il dipartimento più povero della Francia sta infatti affrontando la peggiore siccità dal 1997 (il suo approvvigionamento idrico dipende principalmente dalla pioggia e non dispone di falde acquifere). E ora, proprio da agosto, a Mayotte l’acqua è severamente razionata.
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Una situazione che non può non esasperare, soprattutto alla luce del fatto che Mayotte era già particolarmente colpita dalle conseguenze del riscaldamento globale, come lo sono in generale tutti gli arcipelaghi. Nel 2015, i meteorologi hanno notato proprio a Mayotte un aumento della temperatura dell’1,5% in 10 anni.
Le siège du Syndicat des Eaux de Mayotte a été envahi par des habitants qui réclame de l'eau. Un millier de mahorais manifestent dans les rues de Mamoudzou. pic.twitter.com/Wpa6VuQwii
— Anonyme Citoyen (@AnonymeCitoyen) September 27, 2023
Scuole chiuse, acqua marrone e prezzi esorbitanti
La situazione è tale da interrompere l’inizio dell’anno scolastico. Diverse scuole sono state costrette a chiudere a settembre e a rimandare gli studenti a casa, come nel caso della scuola superiore Younoussa-Bamana a Mamoudzou.
E non solo: come se non bastasse, nelle ultime settimane, le confezioni di acqua minerale hanno raggiunto prezzi astronomici: secondo i residenti di a Mayotte, il prezzo della bottiglia da 1,5 litri ha raggiunto 1,25 euro, ovvero 7,5 euro a confezione. Tre volte più caro che nella Francia continentale, mentre il 77% della popolazione dell’isola vive al di sotto della soglia di povertà.
In tutto questo, c’è da dire – e lo sappiamo – che l’acqua stagnante diventa un giorno dopo l’altro vero terreno fertile per i batteri.
Dal punto di vista sanitario è catastrofico: l’acqua che raccogliamo è torbida e marrone, e l’acqua che immagazziniamo per giorni e giorni è un vero e proprio terreno fertile per i batteri – testimoniano i residenti.
En pleine manifestation contre la crise de l’eau à Mayotte, une femme tient à montrer le liquide qui s’écoule de son robinet. Son témoignage se passe de commentaire#MayotteASoif pic.twitter.com/oKZH58hENN
— Cyril Castelliti (@CyrilCastelliti) September 27, 2023
La France et mayotte!
Merci Macron🤢 pic.twitter.com/riW6Kpwhct— Michelle Toussaint (@ToussMichelle) September 24, 2023
1,8 milioni di litri di acqua in bottiglia
Sarebbero tre i trasferimenti per un totale di 1,8 milioni di litri in bottiglia che con la Marion Dufresne, la nave rifornimento delle Terre australi e antartiche francesi (TAAF), porteranno acqua dall’Isola de La Réunion a Mayotte. Altre consegne sono previste entro la fine dell’anno.
L’impegno a fornire bottiglie d’acqua a neonati, donne incinte e persone con disabilità, dicono dal Governo centrale.
Ma non basta.
Immaginate qualcuno che parla di Mayotte senza essere mai stato lì. Il vostro intervento è molto demagogico, ha criticato Sandrine Rousseau, del partito ecologista, riferendosi alle bottiglie d’acqua distribuite dai militari, alle interrogazioni all’Assemblea nazionale dove ha ha chiesto al ministro degli Interni dei progressi di fronte alla crisi in corso.
Etre paraphrasée par @sandrousseau est certainement une forme d'hommage… Quand les #NUPES se mobiliseront autant pour l'#eau ou la #santé à #Mayotte qu'ils l'ont fait contre l'opération #Wambushu organisée à la demande la population et des élus, ils seront crédibles. pic.twitter.com/ofzdwo1EiL
— Estelle Youssouffa Députée (@DeputeeEstelle) October 3, 2023
Quello dell’acqua è un (serio) problema anche dell’Italia
Quello della malagestione delle risorse idriche è purtroppo un problema che riguarda anche noi molto da vicino.
Dal 2010 al 31 agosto 2023, in Italia, su 1.855 eventi meteorologici estremi, il 67% ha visto per protagonista la risorsa idrica con 667 allagamenti, 163 esondazioni fluviali, 133 danni alle infrastrutture da piogge intense, 120 danni da grandinate, 85 frane da piogge intense, 83 danni da siccità prolungata. Tra le regioni più colpite: Sicilia e Lombardia con 146 eventi ed Emilia-Romagna con 120. Tra le città spiccano Roma, con 65 eventi, Milano 32, Agrigento 24, Bari 24, Genova 20, Palermo 17, Napoli 17, Ancona 14, Bologna 11, Modena 10, Torino 10.
Una Penisola che si trova a fare i conti sempre di più con gli effetti della crisi climatica, i danni per eccesso o mancanza d’acqua; ma anche con la fragilità di un territorio in gran parte a rischio frane e alluvioni e dove spesso la qualità dell’acque non è delle migliori come ricorda il problema cronico della maladepurazione, che è costato sino ad ora all’Italia oltre 142 milioni di euro in sanzioni pecuniarie, o l’inquinamento chimico di fiumi e falde.
A scattare la fotografia è Legambiente che in occasione del V Forum Acqua dal titolo “La transizione ecologica dell’acqua” fa il punto sulla risorsa idrica tra ritardi e problemi da affrontare, come crisi climatica, fragilità del territorio e maladepurazione.
Cosa fare quindi?
Secondo Legambiente, sul fronte siccità, bisogna puntare su un approccio integrato e, dunque, ricostituire una regia unica, da parte delle Autorità di bacino distrettuale per costruire protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che permettano di conoscere il sistema delle disponibilità, dei consumi reali, della domanda potenziale e definire degli aggiornati bilanci idrici.
Sul fronte dissesto idrogeologico, occorre dare un ruolo centrale alle autorità di distretto, che devono essere messe nelle condizioni di poter avere personale, risorse economiche e “autorità” decisionale sovraordinata rispetto agli altri enti e amministrazioni locali (comuni, regioni, consorzi, gestori del SII ad esempio) per poter garantire quegli aspetti di visone complessiva di gestione del territorio e della risorsa idrica.
Sul fronte maladepurazione, bisognerebbe completare i lavori della rete impiantisca e prevedere più risorse, visto che i fondi specifici previsti dal PNRR pari ai 600 milioni non sono sufficienti, come sottolineato anche dagli operatori di settore e dalla Commissione Europea.
E, ciliegina sulla torta, ricordiamoci che sull’Italia pesano ancora quattro procedure di infrazione per la mancata conformità alla Direttiva Acque Reflue (91/271/CEE).
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Fonti: Le Monde / Twitter / Legambiente
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