Uno dei più grossi disastri ambientali per mano dell’uomo, l’Aral è quasi scomparso. Anni fa, di un blu intenso e pieno di pesci, era uno dei più grandi specchi d'acqua interni del mondo. Ora si è ridotto a meno di un quarto delle sue dimensioni precedenti
Il cambiamento climatico sta accelerando la (già) decennale scomparsa dell’Aral, un tempo linfa vitale per le migliaia di persone che vivevano intorno ad esso. Tra i quattro laghi più grandi del mondo, in soli 50 anni le sue acque sono quasi completamente prosciugate. Anche e soprattutto per mano dell’uomo.
Il lago d’Aral è un lago salato di origine oceanica, tra Uzbekistan e Kazakistan. Circa mezzo secolo fa la sua superficie era di 68mila km quadrati, ridottasi del 75% dal 1960 ad oggi. Ogni anno, il satellite Terra della Nasa documenta il ritiro delle acque di questo lago.
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Per decenni, l’Aral – alimentato da fiumi che dipendono dallo scioglimento dei ghiacciai e che intersecano i paesi senza sbocco sul mare di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan – ha ospitato enormi pesci, catturati e spediti all’Unione Sovietica. La regione ha così prosperato e migliaia di migranti provenienti da tutta l’Asia e dall’Europa si sono trasferiti proprio qui, sulle coste dell’Aral, per trovare lavoro.
Ma fu l’inizio della fine: negli anni ’20, il governo sovietico iniziò a prosciugarlo per l’irrigazione del cotone e di altre colture redditizie. Negli anni ’60 si ridusse della metà e nel 1987 il livello dell’Aral era così basso da dividersi in due corpi d’acqua: il mare settentrionale e quello meridionale, rispettivamente in Kazakistan e Uzbekistan.
Il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite definisce la distruzione del Lago d’Aral “il disastro più sconcertante del 20° secolo” e ancora oggi indica la scomparsa dell’Aral come causa del degrado del territorio e della desertificazione, della carenza di acqua potabile, della malnutrizione e del deterioramento delle condizioni sanitarie.
Qui sotto le immagini satellitari più recenti:
Un disastro al quale poi, come se non bastasse, se ne è aggiunto un altro: per le piantagioni di cotone sono stati utilizzati una marea diserbanti che col tempo hanno contaminato il terreno circostante e le acque dello stesso Aral sul cui fondo, non avendo il lago emissari, si sono accumulati veleni. Una volta che l’acqua è evaporata, sul terreno è rimasta solo sabbia e polveri inquinanti, che – a causa dei venti – non hanno fatto a meno di arrivare a centinaia di chilometri di distanza.
La maggior parte dell’Aral è oggi praticamente prosciugato, con tutte le conseguenze disastrose che ci sono. Ma, purtroppo, il Lago d’Aral non è l’unico che sta scomparendo.
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