13 tonnellate di acqua per uno smartphone. Ecco l’impronta idrica dei prodotti di uso comune

13 tonnellate di acqua per produrre un telefono, 14 e mezzo per un paio di stivali: uno rapporto di Friends of the Earth svela quante risorse naturali servono per creare capi d'abbigliamento, telefonini e oggetti vari

Oggetti di uso comune e impronta idrica. Scarpe, smartphone, t-shirt: sono gli oggetti di uso comune, quelli che strausiamo ogni giorno e con i quali non riusciremmo più a vivere. Ma quanto ci costano? E non solo in termini di soldoni che ci escono dal portafogli. Tutto ciò che circonda e di cui non possiamo fare più a meno ha un’impronta ambientale di non poco conto. E ad andarci di sotto, saranno, come al solito, le generazioni future.

13 tonnellate di acqua per produrre un telefono di ultima generazione, 14 e mezzo per un paio di stivali: un nuovo rapporto di Friends of the Earth, una rete di organizzazioni ambientali di 74 Paesi, ci svela quante risorse naturali servono per creare capi d’abbigliamento, telefonini e oggetti vari che vediamo tutti i giorni.

Il problema è, secondo l’indagine basata su dati Trucost, non soltanto l’impronta di carbonio dei diversi prodotti, ma anche il consumo di risorse idriche e di suolo.

E allora, se per una t-shirt servono circa 4 tonnellate d’acqua e poco più di 4 metri quadrati di suolo, per una barretta di cioccolato serve quasi una tonnellata e mezzo d’acqua e più di 2,5 metri quadrati di suolo. Una tazza di ha un’impronta minore di una tazza di caffè: per il tè sono necessari 28 litri d’acqua e una superficie di 0,02 metri quadrati, mentre per il caffè sono impiegati 136 litri d’acqua e 0,1 metri quadrati di suolo.

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L’impronta idrica deriva per lo più dall’acqua piovana che viene utilizzata per allevare il bestiame e dall’acqua per smaltire gli inquinanti prodotti nei processi di concia. Se un paio di stivali di pelle viene realizzato in impianti con un trattamento idoneo degli scarti servono 14,5 tonnellate d’acqua, altrimenti ne servono ben 25 almeno. Per quanto riguarda le t-shirt, poi, sono le piantagioni di cotone ad assorbire circa i due terzi del consumo di suolo (65%) e il 68% dell’acqua complessivamente utilizzata.

Le stime fornite nel rapporto ci ricorda quanto pesantemente stiamo calpestando il mondodichiara l’ex commissario europeo per l’ambiente Janez Potocnik -. La soluzione potrebbe essere procedere con più leggerezza, pur continuando a far crescere le nostre economie e migliorando il benessere dei cittadini“.

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Gli imballaggi

Secondo l’analisi di Friends of the Earth, infine, spesso a fare la differenza sono gli imballaggi e le materie prime. Per esempio, nel settore dell’abbigliamento, circa il 20% del consumo di acqua e di suolo è dovuto all’uso dei materiali usati negli imballaggi. Percentuale che sale all’84% (riferito solo al suolo) per il settore dei giocattoli. Tra i diversi prodotti di tutti i giorni, gli stivali in pelle hanno l’impatto maggiore: la maggior parte dell’utilizzo di suolo (86%) è assorbita dal bestiame da cui si ricava il materiale di fabbricazione.

Germana Carillo

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