È una collettività “vampiro” la nostra, quella che succhia senza remora alcuna tutta l’acqua della Terra. Prosciugando ogni angolo di questo globo. L’Onu lancia l’ennesimo allarme esattamente con quella parola “vampire” e ai Governi (e a noi) non dovrebbe rimanere altro che chinare la testa e mettersi a lavoro una volta per tutte
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Il mondo sta affrontando un’emergenza idrica globale che mette a rischio i progressi verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e persino il mantenimento del nostro attuale stile di vita. Il cambiamento climatico, l’inquinamento e la cattiva gestione delle risorse stanno riducendo drasticamente l’accesso all’acqua e la sicurezza ogni giorno.
A lanciare l’allarme in occasione della Giornata mondiale dell’acqua è l’Onu in un rapporto in cui mette in evidenza come la carenza di acqua stia peggiorando con l’imminente pericolo di una crisi globale dalla quale sarà complicato tornare indietro.
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Il mondo sta “ciecamente camminando su una strada pericolosa con l’insostenibile uso di acqua, l’inquinamento e il surriscaldamento climatico che stanno drenando la linfa vitale dell’umanità”, ha affermato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, all’apertura dei lavori.
Secondo il rapporto, sono circa 2 miliardi le persone non hanno accesso ad acqua potabile sicura, mentre 3,6 miliardi non lo hanno a servizi sanitari affidabili.
“La scarsità di acqua sta diventando endemica”, si legge ancora nel rapport, nel quale si osserva come l’uso di acqua sia aumentato a livello globale di circa l’1% ogni anno negli ultimi 40 anni e dovrebbe mantenere tassi di crescita simili fino al 2050.
L’accesso all’acqua è gravemente diseguale: ad oggi metà della popolazione mondiale, quattro miliardi di persone, convive con una grave scarsità d’acqua per almeno un mese all’anno. Circa mezzo miliardo affronta la scarsità d’acqua tutto l’anno e circa 4,2 miliardi di persone non hanno servizi igienico-sanitari, 2,2 miliardi non dispongono di acqua potabile sicura e 700 milioni di persone potrebbero essere sfollate a causa della scarsità di acqua entro il 2030 (di questi 250 milioni solo in Africa).
Cosa i Governi dovrebbero ancora fare
Mentre qui in Italia si cerca un possibile rimedio alla siccità che da mesi ci attanaglia in mezzo all’esigenza urgente e concreta di ammodernare la rete idrica per evitare le perdite di rete e gli sprechi ed rendere efficiente la depurazione delle acque reflue urbane, guardando ai macrosistemi, molte cose ci vengono in mente che andrebbero fatte e che, invece, sono lì ferme come se non rappresentassero dei problemi.
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Per dirne una? Le ricerche dimostrano che, in generale, la carne e il latte prodotti in sistemi di allevamento intensivo utilizzano e inquinano maggiormente le acque superficiali e sotterranee rispetto a prodotti provenienti da pascoli o da sistemi misti.
Eccone uno, ma cosa i Governi dovrebbero ancora fare? Partiamo proprio dagli allevamenti intensivi.
Allevamenti intensivi
Alla conferenza Extinction or Regeneration è emerso dei dati allarmanti:
- circa il 70% della superficie del pianeta è ricoperto da acqua, ma solo l’1% di essa è acqua dolce accessibile
- l’agricoltura consuma ben il 70% di tutta l’acqua dolce a livello globale – un consumo che per circa un terzo è legato alla produzione di carne e latticini
L’impronta idrica dei prodotti animali è infatti maggiore di quella dei prodotti vegetali con un valore nutrizionale equivalente.
Ho visto di persona l’impatto devastante che l’inquinamento degli allevamenti intensivi ha sui nostri preziosi corsi d’acqua in tutto il mondo – commenta Philip Lymbery, direttore globale di Compassion in World Farminge e autore di libri come Farmageddon e l’appena pubblicato Restano solo sessanta raccolti. Crea ‘zone morte’ nei fiumi e negli oceani, dove nulla può vivere. Dobbiamo iniziare a praticare un’agricoltura che porti beneficio alla natura anziché danneggiarla. Per troppo tempo, la produzione alimentare ha ignorato il fatto che, se non faremo attenzione, risorse limitate come l’acqua finiranno per esaurirsi. Abbiamo bisogno di soluzioni, e in fretta.
Cosa dovrebbero fare i Governi? Dare maggiore input alla gricoltura sostenibile: misure di efficienza lungo l’intera catena agroalimentare possono aiutare a risparmiare acqua ed energia, come l’irrigazione di precisione o la produzione di energia rinnovabile. I Governi dovrebbero sfruttare il potere della natura invece di permetterne la distruzione e il degrado nella ricerca di cibo ed energia. Le “infrastrutture verdi”, come le dighe di terra per catturare il deflusso nei campi coltivabili o la piantagione di foreste per proteggere il suolo e favorire la ricarica delle acque sotterranee, sono alcuni esempi della creazione di un nesso acqua-cibo-energia più sostenibile e di un’economia “più verde”.
Le perdite idriche
Un gravissimo problema. Preoccupante è la situazione dei bacini idrici: l’espansione dei bacini non è al passo con la crescita della popolazione e la capacità di stoccaggio si sta sempre più riducendo a causa della sedimentazione, dello sfruttamento eccessivo delle acque sotterranee e delle crescenti perdite di acqua superficiale dovute all’innalzamento delle temperature.
Per quanto ci riguarda direttamente, se consideriamo i consumi idrici a uso civile l’Italia non ha rivali tra i Paesi dell’Unione: 220 litri per abitante al giorno contro una media Ue di 165. Inoltre, l’infrastruttura idrica italiana è un colabrodo. La percentuale di perdite idriche in fase di distribuzione raggiunge il 42,2%, collocando il nostro Paese al quart’ultimo posto tra i 27 Paesi Ue+Uk, mentre il dato relativo alle perdite lineari, pari a 9.072 m3/km/anno, ci colloca all’ultimo posto in Europa.
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Cosa dovrebbe fare il Governo? Sarebbe urgente imporre una riduzione dei consumi di acqua “nuova”, progettare impianti e processi che minimizzino l’utilizzo di acqua, monitorare per individuare perdite ed evitarle, rendere per le fabbriche obbligatorio il calcolo dell’impronta idrica e pubblici i bilanci di massa rispetto all’acqua utilizzata e scaricata, rimodernare il sistema idrico. Fondamentale, poi, completare la rete di depurazione, che ancora oggi risulta incompleta, oltre a riqualificare gli impianti depurativi già esistenti, spesso malfunzionanti.
Le multinazionali sono ancora troppo forti
Proprio nelle scorse ore, da un rapporto dell’Istituto universitario delle Nazioni Unite per l’ambiente idrico e la salute (UNU-INWEH) e la canadese McMaster University è merso che in soli cinquant’anni l’acqua in bottiglia si è trasformata in “un settore economico importante ed essenzialmente autonomo”, registrando una crescita del 73% dal 2010 al 2020.
In buona sostanza, l’analisi ha rilevato che la crescita del settore influisce negativamente sugli investimenti e sullo sviluppo e sul miglioramento delle infrastrutture pubbliche di approvvigionamento idrico a lungo termine. Gli investimenti che avrebbero potuto essere destinati al miglioramento dei sistemi idrici pubblici vengono deviati verso l’industria dell’acqua in bottiglia, con conseguenti progressi limitati nella fornitura di acqua pulita e affidabile a coloro che ne hanno più bisogno.
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Cosa dovrebbero fare i Governi? Fare scacco matto alle multinazionali e trattare l’acqua come una risorsa scarsa. La gestione integrata delle risorse idriche fornisce un ampio quadro per i governi per allineare i modelli di utilizzo dell’acqua con le esigenze e le richieste dei diversi utenti, a partire dall’ambiente stesso.
Quotazione dell’acqua in borsa
Esattamente come i diamanti, il petrolio o l’oro, l’acqua è quotata in borsa, influenzata dalla speculazione finanziaria.
È stato il più potente fondo d’investimento speculativo al mondo, Black Rock, a trasformare una risorsa naturale essenziale in una merce dotata di un proprio valore economico – malgrado le proteste di attivisti di tutto il mondo.
Cosa dovrebbero fare i Governi? Semplicemente di no a questo abominio.
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La crisi climatica
Il cambiamento climatico è principalmente una crisi idrica. Sentiamo i suoi impatti attraverso il peggioramento delle inondazioni, l’innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacciai, gli incendi e la siccità.
Tuttavia, l’acqua può combattere il cambiamento climatico. La gestione sostenibile dell’acqua è fondamentale per costruire la resilienza delle società e degli ecosistemi e per ridurre le emissioni di carbonio. Ognuno ha un ruolo da svolgere: le azioni a livello individuale e familiare sono vitali.
Gli eventi meteorologici estremi stanno rendendo l’acqua più scarsa e più inquinata e questi impatti durante tutto il ciclo dell’acqua minacciano lo sviluppo sostenibile, la biodiversità e l’accesso delle persone all’acqua e ai servizi igienico-sanitari.
Le inondazioni e l’innalzamento del livello del mare possono contaminare la terra e le risorse idriche con acqua salata o materia fecale e causare danni alle infrastrutture idriche e igienico-sanitarie. Ghiacciai, calotte glaciali e nevai stanno rapidamente scomparendo. Così come la siccità e gli incendi stanno destabilizzando le comunità e innescando disordini civili e migrazioni in molte aree. La distruzione della vegetazione e della copertura arborea aggrava l’erosione del suolo e riduce la ricarica delle acque sotterranee, aumentando la scarsità d’acqua e l’insicurezza alimentare.
Cosa dovrebbero fare i Governi? I responsabili delle politiche climatiche dovrebbero mettere l’acqua al centro dei piani d’azione, dal momento che una gestione sostenibile dell’acqua aiuterebbe le comunità ad adattarsi ai cambiamenti climatici costruendo resilienza, proteggendo la salute e salvando vite umane. Mitigherebbe anche la stessa crisi climatica, proteggendo gli ecosistemi e riducendo le emissioni di carbonio dal trasporto e dal trattamento dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari.
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Fonte: UN-Water
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