Secondo le prime misurazioni, l’acqua del mare a Fukushima non mostra tracce di radioattività significative. Nonostante questo resta l’incognita del trizio
L’acqua proveniente dalla zona di Fukushima, dopo essere stata rilasciata, non mostra tracce di radioattività significative. I dati provenienti dal Ministero dell’Ambiente di Tokyo forniscono rassicurazioni a ciò che tutti temevamo, ovvero un disastro ambientale.
Invece i livelli di radioattività rilevati nelle acque campionate in 11 diverse località vicino alla centrale nucleare, da cui è stata effettuata la liberazione dell’acqua contaminata nel mare, si attestano tra 7 e 8 becquerel per litro.
Questi valori sono ben al di sotto del limite considerato sicuro per l’acqua potabile dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che è di 10.000 Bq/l, e ancor di più rispetto al limite giapponese di 60.000 Bq/l.
Non c’è stato un aumento significativo della radioattività nel mare
Le prime misurazioni dopo il rilascio dell’acqua di Fukushima confermano che non vi è stato un aumento significativo della radioattività nel mare circostante la centrale nucleare giapponese. Il Ministero dell’Ambiente di Tokyo ha dichiarato che le concentrazioni di trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno, si situano su livelli tra 7 e 8 becquerel al litro, un valore che non costituisce un pericolo per la salute umana e l’ambiente.
Tuttavia, il trizio, uno dei 64 radionuclidi presenti nell’acqua utilizzata per raffreddare i reattori di Fukushima, non può essere completamente rimosso tramite il processo di decontaminazione utilizzato (Advanced Liquid Processing System – ALPS).
Pertanto, la strategia adottata prevede una diluizione dell’acqua fino a quando la concentrazione di trizio raggiunge livelli considerati accettabili. Nonostante non esista un livello di trizio universalmente definito come sicuro, concentrazioni inferiori a 10 Bq/l sono generalmente considerate molto basse.
La società responsabile dell’impianto nucleare di Fukushima (Tepco) ha stabilito un limite massimo di 700 Bq/l per se stessa, mentre l’OMS considera sicura per il consumo umano un’acqua con una radioattività inferiore a 10.000 Bq/l.
La presenza del trizio continua però a preoccupare
Ma è proprio il trizio a far storcere il naso ad alcuni esperti che hanno sollevato dubbi riguardo alla sicurezza del rilascio di acqua ancora contenente trizio. Uno studio condotto nel 2023 ha suggerito che il trizio potrebbe avere effetti negativi diretti su piante e animali, inclusa il possibile danneggiamento del DNA delle cellule.
In ogni caso, i risultati del monitoraggio in tutto il Giappone elencati nel database delle radiazioni ambientali e i risultati del monitoraggio condotto dall’Autorità di regolamentazione nucleare, dalla Prefettura di Fukushima e dal Ministero dell’Ambiente intorno alla Prefettura di Fukushima sono riepilogati nel grafico sottostante. I risultati del monitoraggio finora rientrano nell’intervallo di fluttuazione della concentrazione di trizio nell’acqua di mare in tutto il Giappone in passato e non vi è alcun impatto negativo sulla salute umana, sull’ambiente e sui pesci.
Tali preoccupazioni richiamano a quanto affermato nel 2020 riguardo al carbonio-14, un altro elemento radioattivo che l’ALPS non riesce a eliminare dall’acqua di Fukushima. Tuttavia è importante notare che molti Paesi considerano sicuri livelli di radioattività molto superiori a quelli attualmente rilevati a Fukushima. Il Giappone, in particolare, ha stabilito un limite di 60.000 Bq/l.
Tra chi critica il rilascio dell’acqua di Fukushima vi è in particolare la Cina. Secondo le autorità giapponesi, proprio la Cina sarebbe coinvolta in una serie di minacce telefoniche ricevute da impianti di proprietà giapponese nel “Paese si Mezzo” durante fine settimana. Questa situazione ha portato il Giappone a convocare l’ambasciatore di Pechino per ottenere spiegazioni.
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Fonte: Ministry of the Environment, Government of Japan
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