Studenti sviluppano un dispositivo portatile ispirato alle mangrovie per trasformare l'acqua di mare in potabile, offrendo una soluzione accessibile alla crisi idrica globale
L’acqua potabile, fondamentale per la vita umana, rappresenta solo una piccola percentuale dell’acqua presente sul nostro pianeta, meno del 2,5%. Di questo, solo l’1% si trova in stato liquido e dunque è effettivamente utilizzabile dall’uomo. Nonostante la quantità di acqua dolce rimanga costante, la sua distribuzione non uniforme su scala globale causa carenze di accesso all’acqua potabile in diverse regioni del mondo. Al contrario, l’acqua di mare, che copre circa tre quarti della superficie terrestre, non è potabile a causa del suo elevato contenuto salino. Per convertirla in acqua potabile, alcuni paesi si affidano a metodi di desalinizzazione, principalmente basati sull’osmosi inversa e la distillazione. Tuttavia, queste tecnologie convenzionali presentano diversi svantaggi, come costi elevati e un significativo impatto ambientale.
In risposta a questa sfida, quattro studenti delle scuole superiori, Laurel Hudson, Kathleen Troy, Gracia Cornish e Maia Vollen, hanno proposto un’innovativa soluzione durante il loro periodo di studio nel programma C-Tech2 della Virginia Tech. Questi giovani ricercatori, sotto la guida del professor Jonathan Boreyko e con la collaborazione di Ndidi Eyegheleme, hanno sviluppato un metodo di desalinizzazione ispirato alle mangrovie, piante in grado di crescere in ambienti salini grazie a specifiche tecniche di desalinizzazione. Il loro progetto è focalizzato su un dispositivo portatile di desalinizzazione, simile a una borraccia, che utilizza tecniche biomimetiche per trasformare l’acqua salata in acqua dolce.
Come funziona
Il design del dispositivo si ispira alle cannucce filtranti utilizzate dagli escursionisti. Il sistema si compone di una camera di ingresso per l’acqua salata, collegata a una membrana a osmosi inversa. L’acqua, passando attraverso questa membrana, raggiunge una camera intermedia dove è presente un foglio sintetico, costituito da una membrana nanoporosa supportata da una rete microporosa. Grazie al processo di evaporazione, si genera una pressione di Laplace negativa che consente il passaggio dell’acqua attraverso la membrana a osmosi inversa, per poi essere raccolta, una volta desalinizzata, nella parte inferiore del dispositivo. Inoltre, è prevista l’aggiunta di un’aletta solare per accelerare il processo di filtraggio e aumentare l’efficienza del sistema.
Questa soluzione, ancora in fase concettuale, promette di essere più compatta e portatile rispetto ai sistemi di desalinizzazione tradizionali, rendendola più accessibile. Progettata per un uso personale o comunitario, questa tecnologia potrebbe essere una risorsa vitale per coloro che affrontano difficoltà nell’accesso all’acqua potabile, in quanto non necessita di alimentazione esterna e può essere facilmente trasportata. Sebbene sia ancora in fase di progettazione, il team di studenti sta già pianificando la realizzazione di un prototipo, con un’attenta valutazione del costo dei materiali per garantirne l’accessibilità al pubblico di riferimento.
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Fonte: Pubs.rcs.org
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