Nella Gazzetta Ufficiale del 4 gennaio è stata dichiarato lo stato di emergenza per l'arsenico nell'acqua in Lazio. Vediamo di capire come siamo arrivati a questo punto
Cambia il soggetto ma il copione si ripete: da una parte c’è l’Unione Europea, con le sue direttive e i suoi provvedimenti, dall’altra ci sono i singoli Stati membri, che quelle direttive e quei provvidimenti devono rispettare. Un po’ come a scuola, dove insegnanti e studenti, almeno in teoria, operano in simbiosi. In tutto questo l’Italia, si sa, non è esattamente la prima della classe: se l’anno scorso siamo stati ripresi (leggi “multati per tot milioni di euro”) per i rifiuti di Napoli o, ancora una volta, per l’occupazione abusiva di Rete 4 ai danni di Europa 7, nonché per tante altre annose e irrisolte questioni, il nuovo anno si apre con l’ennesima emergenza, che come sempre è tutto tranne che un’emergenza.
È infatti il 2 febbraio 2010 quando l’Italia chiede alla Commissione Europea una nuova deroga – la terza – per alcune forniture di acqua nelle regioni Campania, Lazio, Lombardia, Toscana, Trentino-Alto Adige e Umbria. Si tratta, in breve, di rinviare ancora l’adeguamento di alcuni comuni delle suddette regioni ai parametri ammessi dall’UE per quanto riguarda i valori di arsenico, boro e fluoruro nell’acqua potabile, fissati (direttiva 98/83/CE) in – rispettivamente – 10 mg/l, 1 mg/l e 1,5 mg/l. E per capire quanto non fosse certo una novità che un gran numero di cittadini italiani bevesse acqua contenente sostanze nocive (e/o cancerogene, dipende dalla quantità), basta tenere a mente questa frase, contenuta nella lettera di risposta dell’UE: a seguito del recepimento della dir 98/83/CE, l’Italia, tra tutti gli Stati Membri, ha emanato il maggior numero di deroghe, soprattutto in relazione a parametri di origine naturale e geologica: la situazione originale al tempo della prima deroga riguardava, infatti, 10 parametri, e coinvolgeva 13 regioni, con 56 atti di deroga.
Passano gli anni e la situazione attuale è questa: 3 parametri, 5 regioni, 2 province autonome e un numero imprecisato di atti di deroga. Ma procediamo con ordine. Si diceva della lettera di risposta. È il 28 ottobre 2010 quando la Commissione Europea fa sapere che per alcuni comuni la deroga è ammessa (fino al 31/12/2012), per altri no. C’è da scommettere che qualcuno avrà esultato, benché i comuni interessati, circa 130 tra Campania, Lazio, Lombardia, Trentino-Alto Adige e Umbria, rimangano comunque fuori norma, con o senza deroga. Ma il bello, o il brutto, deve ancora venire: coup de théatre, e il Consiglio dei Ministri, in data 17 dicembre 2010, dichiara lo “stato di emergenza” per 20 comuni del Lazio, senza tuttavia nominare un commissario straordinario (sia mai!), né pubblicare la lista degli interessati. Come dire: il problema c’è, ma risolvetevelo da soli, senza troppo scalpore. In Gazzetta Ufficiale viene pubblicato il provvedimento – 4 gennaio 2011 – sicché ora siamo a tutti gli effetti in stato di emergenza…
Ma c’è chi ne ha le tasche piene di questa situazione ed ha organizzato un comitato perché le cose cambino. Sono i cittadini del comune di Aprilia, dove dal 2003 il Servizio Idrico Integrato nell’ATO 4 (Lazio Meridionale) è nelle mani del gestore privato Acqualatina S.p.A. Il comitato chiede con forza che la gestione torni a essere pubblica, e qui il problema si allarga e tocca la questione dell’acqua come bene pubblico. Le tariffe di Aprilia, infatti, sono lievitate in pochi anni del 176%, senza che ci sia stato, d’altra parte, un investimento per adeguare i valori di arsenico. La frazione di Campoleone, a questo proposito, risulta essere fuori norma.
Lo stesso Comune ha inoltre avviato una causa civile chiedendo al Tribunale di Latina di accertare e dichiarare la nullità della convenzione di gestione e di ordinare ad Acqualatina e all’Ato4 la restituzione delle opere e degli impianti funzionali al sistema idrico integrato La prima udienza è fissata per il 22 febbraio prossimo. Nel frattempo l’assessore regionale all’Ambiente Marco Mattei ha commissionato al Dipartimento regionale di Epidemiologia dell’Asl un’indagine epidemiologica con l’obiettivo di verificare se ci sia un collegamento tra la presenza della sostanza tossica patologie tumoraliL’Italia, purtoppo, è tutta qui, in questa storia. C’è il vuoto del potere, l’inefficienza del governo, le solite battaglie civili di pochi onesti cittadini, il silenzio dei media, la gente che si ammala, gli anni che passano… ci fosse ancora Rino Gaetano avrebbe forse cantato la sua rabbia così: chi beve un bicchiere, chi arriva in ritardo, chi solo in bottiglia, chi è morto di cancro, ma il cielo è sempreeeee più blu!
A questo link trovate il documento ufficiale della Commissione Europea, con l’elenco dei comuni – fuori norma – ammessi alla deroga (allegato 1) e quelli – sempre fuori norma – esclusi dalla deroga (allegato 2).
Qui potrete invece seguire le sorti del referendum contro la privatizzazione dell’acqua.
Roberto Zambon