Arsenico nell'acqua. L'Italia non è l'unica. In Pakistan circa 60 milioni di persone sono a rischio di avvelenamento da arsenico dalle acque sotterranee, nella valle dell'Indo. A lanciare l'allarme è stato un nuovo studio, secondo cui si tratta dell'avvelenamento di massa più grande della storia
Arsenico nell’acqua. In Pakistan circa 60 milioni di persone sono a rischio di avvelenamento da arsenico dalle acque sotterranee, nella valle dell’Indo. A lanciare l’allarme è stato un nuovo studio, secondo cui si tratta dell’avvelenamento di massa più grande della storia. E la causa è legata all’eccessivo sfruttamento delle acque sotterranee per l’agricoltura.
In assenza di norme e regole, “le persone hanno sfruttato brutalmente le acque sotterranee, e i livelli di arsenico stanno aumentando” ha detto Lubna Bukhari, responsabile del Council for Research in Water Resources.
L’eccessivo sfruttamento del sottosuolo e delle falde acquifere sarebbe dunque alla base dell’emergenza che dura ormai da decenni. Lo studio suggerisce che il Pakistan corre un grosso pericolo. L’estensione del problema è stata accertata solo negli anni ’90, quando una serie di ricerche confermarono le elevate concentrazioni nel Delta del Gange-Brahmaputra.
A elevate concentrazioni, l’arsenico può essere dannoso per la salute, provocando ad esempio lesioni cutanee, cancro, malattie cardiovascolari e ritardi neurologici.
Precedenti studi avevano rivelato che le acque sotterranee in alcune aree del Pakistan contenevano livelli elevati di arsenico, ma finora la portata era sconosciuta, come ha precisato Joel Podgorski, scienziato del Swiss Federal Institute of Aquatic Science and Technology di Dübendorf (EAWAG) e autore principale del nuovo studio.
Quest’ultimo ha analizzato i dati provenienti da 1200 campioni di acqua di falda, combinandoli con parametri geologici ed idrologici per generare una mappa del pericolo.
L’arsenico da fonti naturali può essere presente nelle acque sotterranee. I processi che si verificano nelle falde acquifere variano in base alle condizioni geologiche e idrologiche. Concentrazioni di arsenico sono particolarmente elevate nei sedimenti fluviali con abbondante materiale organico e forniture limitate di ossigeno, come accade ad esempio nel delta del Gange o nel fiume Rosso, in Vietnam.
Se in alcuni casi, le particolari condizioni del suolo mitigano la presenza dell’arsenico nell’acqua, in Pakistan ciò non avviene, non solo per le grandi concentrazioni ma anche per un elevato pH del suolo. A ciò va aggiunto l’eccessivo sfruttamento del suolo.
Secondo Podgorski, geofisico di Eawag, si tratta di un’ipotesi supportata dal fatto che le aree irrigate in gran parte coincidono con le regioni in cui sono state rilevate le concentrazioni elevate di arsenico.
Ciò rivela per la prima volta la portata dei rischi a cui è esposta la popolazione del Pakistan.
Soprattutto nel Punjab orientale, che comprende Lahore, e intorno a Hyderabad, molte persone sono esposte ad un elevato rischio di contaminazione da arsenico: 50-60 milioni utilizzano acque sotterranee che molto probabilmente ne contengono più di 50 μg/litro.
Negli studi precedenti, il campionamento era stato eseguito solo a livello di singoli villaggi e non è stata possibile una valutazione complessiva a causa di una mancanza di risorse.
Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), da 35 milioni a 77 milioni di persone in Bangladesh potrebbero venire a contatto con acqua potabile caratterizzata da livelli di arsenico non sicuri. Nel 2014, l’OMS ha stimato che circa 200 milioni di persone in tutto il mondo sono esposte a concentrazioni superiori al limite raccomandato di 10 microgrammi per litro. Di questi, la maggior parte vive in Bangladesh, India, Vietnam e Nepal.
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Che fare? Secondo gli autori dello studio, le tecniche di irrigazione dovrebbero essere adattate in modo da contrastare l’evaporazione e l’infiltrazione dell’acqua di irrigazione. Infine, nelle aree in cui l’acqua sotterranea è contaminata, si potrebbero ricercare fonti alternative di acqua, magari bacini più profondi.
“Ad ogni modo, conclude Podgorski, c’è urgente bisogno di promuovere la sensibilizzazione e il coordinamento degli sforzi delle autorità”.
Francesca Mancuso