Il mare in pericolo: ti racconto perché le aree protette potrebbero non bastare più

Nonostante siano cruciali per la salvaguardia degli ecosistemi marini, uno studio pubblicato sulla rivista One Earth rivela che l'86% di esse in Unione Europea offre una protezione scarsa o nulla dalle attività umane più dannose

Le aree marine protette (AMP) sono un baluardo contro il degrado degli oceani, un rifugio sicuro per la biodiversità marina e un modello di gestione sostenibile delle risorse. Tuttavia, un recente studio pubblicato su One Earth ha rivelato una realtà preoccupante: molte AMP, soprattutto in Europa, offrono una protezione molto limitata, se non addirittura nulla, dalle attività umane più dannose.

La ricerca

Lo studio, condotto da un team internazionale di ricercatori guidati da Juliette Aminian-Biquet, ha analizzato 4.858 AMP dell’Unione europea, valutandone il livello di protezione sulla base della “MPA Guide”, un quadro di riferimento che classifica le AMP in base alle restrizioni imposte alle attività umane.

I risultati non sono incoraggianti: nel 2022, l’86% delle AMP dell’UE, che coprono l’11,4% delle acque comunitarie, ha mostrato una protezione scarsa, minima o nulla dalle attività più dannose, come il dragaggio, l’estrazione mineraria e l’uso di attrezzi da pesca distruttivi. Solo lo 0,2% delle acque dell’Unione è coperto da una protezione completa o elevata.

Le cause della scarsa protezione

Le ragioni di questa situazione sono molteplici e complesse:

  • Normative vaghe e frammentate: “Le direttive Ue, come la Direttiva Habitat o la MSFD, erano flessibili quando si trattava di stabilire misure di conservazione nelle AMP, in termini di cosa regolamentare e quando raggiungere gli obiettivi”, spiegano i ricercatori. Questa flessibilità ha portato a una mancanza di chiarezza e uniformità nella regolamentazione delle attività umane all’interno delle AMP, lasciando spazio a interpretazioni e applicazioni diverse da parte degli Stati membri;
  • Mancanza di risorse e volontà politica: “L’insufficiente applicazione, i finanziamenti e la capacità del personale; la scarsa priorità politica” sono altri fattori chiave che contribuiscono alla scarsa protezione delle AMP, secondo lo studio. Senza risorse adeguate e un chiaro impegno politico, le misure di conservazione rimangono spesso sulla carta, senza una reale applicazione sul campo;
  • Conflitti tra interessi economici e tutela dell’ambiente: Come sottolineano gli autori, “i livelli di protezione delle AMP dell’UE hanno rivelato e sono il risultato di conflitti radicati tra attività economiche (anche per il sostentamento) e protezione della biodiversità”. Spesso, le pressioni economiche, come quelle legate alla pesca e all’estrazione di risorse, prevalgono sulla conservazione, portando a compromessi che minano l’efficacia delle AMP.

L’urgenza di un cambiamento

Questi risultati sollevano serie preoccupazioni sul futuro degli oceani. Le AMP sono fondamentali per preservare la biodiversità marina, garantire la sicurezza alimentare e mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Se non rafforziamo la loro protezione, rischiamo di perdere irreparabilmente ecosistemi preziosi e compromettere il benessere delle generazioni future.

L’Unione europea si è posta l’obiettivo di raggiungere il 30% di copertura delle AMP entro il 2030, con il 10% sotto stretta protezione. Tuttavia, lo studio dimostra che siamo ancora lontani da questo traguardo. La strada da percorrere è ancora molta.

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